I fasti di Gigi Riva erano lontani. Il Cagliari giocava in serie C ed era di proprietà della famiglia Orrù, che alla fine degli anni Ottanta decise di lanciare un piano di rilancio. L’obiettivo era ambizioso, la serie A, e per conquistarlo era necessario affidarsi a uomini di calcio compenti e affamati di successo. La scelta cadde su Carmine Longo, direttore sportivo salernitano. E lui, a sua volta, scelse il giovane tecnico Claudio Ranieri, allievo di Gianni Di Marzio nel Catanzaro dei miracoli e reduce dalla prima, amara, esperienza in panchina alla guida del Campania Puteolana.
Fu un successo quel binomio, il Cagliari tornò a respirare l’aria della serie A e nel ’90, dopo aver festeggiato la promozione, mise a segno alcuni colpi sul mercato internazionale, assicurandosi due uruguaiani gestiti dal boss del mercato sudamericano Paco Casal: il “Principe” Enzo Francescoli e Daniel Fonseca.
Tagliato il traguardo, gli Orrù decisero di mettere il Cagliari in vendita.
E colsero al volo la proposta di un giovane imprenditore del grano cagliaritano, Massimo Cellino, che fu affiancato da quello che era all’epoca il re del grano mondiale Franco Ambrosio e da Corrado Ferlaino, proprietario del Napoli. Il sodalizio durò poco, la multiproprietà Cagliari-.Napoli resse giusto il tempo di definire la cessione del 22enne Fonseca per una contropartita di 14 miliardi di lire. Longo avrebbe continuato altrove il suo percorso professionale, andando a vedere partite di tutti i Paesi e di tutte le categorie, con una tappa nella sua amata Salerno ai tempi della presidenza di Nello Aliberti. F. de Luca (Il Mattino)