Capello a “Il Mattino”: “Il Milan dà spettacolo ma la rivale dell’Inter è il Napoli. Il rigore? Avrei fatto fatico a digerirlo”

L'ex allenatore, ora commentatore a Sky apprezza la gestione societaria di De Laurentiis

«L’esame del Napoli al Camp Nou è stato superato a pieni voti. C’è stata qualche sbandata, soprattutto quando è entrato Dembelé, ma giocare contro il Barça in casa sua non è che sia così semplice. E la qualificazione è lì perché loro fuori casa, come da tradizione catalana, non sono mai la stessa cosa. E quest’anno mi pare che la tradizione la stiano rispettando». Don Fabio Capello è convinto che Spalletti abbia modellato un gradevole giocattolo di squadra con cui togliersi un bel po’ di sfizi. E lo dice lui, l’ultimo allenatore a rompere la dittatura di Inter, Juventus e Milan, con quello storico scudetto alla Roma nel 2001.

Capello, questa Europa League è una ghiotta occasione o un fastidio per chi lotta per lo scudetto? «La rosa del Napoli è completa, in grado di poter alternare le proprie risorse sui due fronti. Poi è chiaro che quello che diventa determinante da questo momento in poi è proprio il numero dei giocatori disponibili. Ora si gioca in 16 una partita, per questo i cambi sono fondamentali».

Spalletti, al contrario di Inzaghi, i cambi li azzecca? «Non ho detto nulla di male, lo dicono i fatti che dopo le sostituzioni, l’Inter le partite le perde. Al Napoli non è così. Tante volte le gare vengono raddrizzate dal tecnico azzurro. A Barcellona ovvio che Xavi aveva in panchina gente pagata decine di milioni di euro e quando metti dentro uno come Dembelé, che non gioca solo per ragioni contrattuali, poi è una cosa normale che tu possa andare in affanno. E a questo aggiungiamo un dettaglio non di poco conto: c’erano almeno 70 mila spettatori e lì il fattore campo influisce. Eccome. Col Real venni rimontato proprio al 90′ con un gol di Messi. Finì 3-3».

Dunque, ci sta difendersi come ha fatto il Napoli? «Non credo che sia stato per volontà. Ma il Barcellona quando ha il pallone non lo fa vedere a nessuno. E sei costretto a indietreggiare, a soffrire, a fare cose che magari non fai normalmente in Italia. Però la difesa ha retto bene, anche Koulibaly ha mostrato il suo grande livello. Era una partita complicata, difficile, dove in tutto ho contato due errore veri della difesa del Napoli. Ero curioso di vedere come una delle squadre che in Italia prende meno gol, una delle più solide e organizzate, avrebbe affrontato gli attaccanti del Barcellona. Ed è andata bene. Il Napoli ha pareggiato per un tocco di mignolo che pure io avrei fatto fatica a sopportare».

Non è facile da mandare giù. «Ecco, il rigore c’è, lo dice il regolamento. Ma io questo Var continuo a non capirlo: non puoi andare a cercare con la lente di ingrandimento una cosa del genere. A velocità normale, nessuno se ne accorge perché il pallone non subisce cambi di direzione. In Premier l’arbitro tocchi di mano persino più evidenti non li punisce quando sono di questo tipo. Perché non è possibile pensare che un difensore arrivi al contrasto del cross sempre con le mani dietro le spalle. Non si può star dietro al discorso del volume che aumenta…».

Certo, una beffa che il gol fatto da Zielinski non valga doppio? «Non mi parli di beffe così. Nel 1970 con la Roma contro il Gornik in semifinale di Coppa delle Coppe al ritorno finì 1-1 come all’andata e andammo ai supplementari: al 120′ facemmo il gol del 2-2. Credevamo di aver vinto per via dei gol in trasferta. E invece il regolamento prevedeva che ai supplementari la regola dei gol in trasferta non ci fosse. Cambiò l’anno dopo. A fine partita ci abbracciammo ma ci dissero: ci dispiace ma ai supplementari la regola non vale. Facemmo lo spareggio a Strasburgo e perdemmo alla monetina. Anche quella tolsero l’anno dopo».

Cosa le è piaciuto di questa quattro giorni di coppe? «I calciatori italiani hanno finalmente capito una cosa: non si devono buttare a terra. E non lo hanno fatto. Io da allenatore lo ripetevo sempre: guardate, questi non sono gli arbitri italiani che vi fischiano ogni cosa…».

La corsa per lo scudetto? «Ho visto Napoli-Inter e le azioni-gol degli azzurri sono state superiori. Ma l’Inter mi ha colpito di più: compatta, fisicamente di un altro livello, forse un po’ troppo legata a certi giocatori come Barella i cui strappi mancanti hanno pesato con il Liverpool. Adesso è l’Inter la mia favorita per il titolo, ma il Napoli è la vera rivale. Più del Milan, anche se i rossoneri sono quelli che mi divertono più di tutti ma sono troppo legati agli spunti di Leao e Theo Hernandez».

Perché questa griglia di preferenze? «Osimhen in Italia, per la sua velocità, non ha difensori che lo possono fermare. Spalletti con la sua personalità ha costruito una squadra vera. Una squadra che si vede che ascolta il proprio tecnico e che gli riconosce una leadership. Avesse vinto lo scontro diretto di una settimana fa forse sarebbero cambiate le cose per il primo posto. Da ora in poi in questa lotta per il titolo conta anche un altro fattore: gli infortuni».

Insigne ha fatto bene a scegliere il Canada? «Ma lì è una scelta economica. Dunque, è vero che non è un torneo di élite ma non si può criticare per non aver detto di no a certe cifre. Certo, un peccato. Ormai sono anni che gioca da capitano vero, sacrificandosi in difesa per dare un aiuto alla sua squadra».

Lei da ct dell’Italia continuerebbe a chiamarlo? «Per me non cambierebbe nulla. Alla sua qualità non rinuncerei».

Perché sono 21 anni che nessuno vince lontano da Milano e Torino? «In certe società c’è sempre stato più equilibrio nella gestione delle difficoltà. Ora le cose sono cambiate, anche perché prima i grandi giocatori sceglievano solo quei club. Adesso non è così: e il Napoli è una di quelle società ambiziose, che fa buon scouting e che ha un presidente davanti a cui bisogna solo dire chapeau».

Per i suoi bilanci sempre in regola, intende? «Se uno ha il patrimonio sterminato come lo hanno Manchester City e Psg che sfizio c’è a vincere? Meglio come prova a fare De Laurentiis, nel rispetto delle regole economiche. Tutti dovrebbero seguire questo esempio di gestione finanziario».

Capello, lei fermerebbe il campionato per dare qualche giorno in più alla Nazionale in vista dei playoff? «Qualsiasi cosa Mancini e la Figc chiedono per aumentare le possibilità di andare ai Mondiali deve essere fatto. Perché non qualificarci per il Qatar sarebbe un disastro».

Fonte: P. Taormina (Il Mattino)

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