Ha scritto la storia del Barça, dove entrò a 12 anni. Ne è appena uscito, dopo l’elezione di Joan Laporta. «Giusto che un nuovo presidente scelga i suoi collaboratori», spiega Guillermo Amor, centrocampista cresciuto nella Cantera e lanciato da Crujff nell’88, poi dirigente dello straordinario vivaio blaugrana e addetto alle relazioni istituzionali del club. Nella sua bacheca una Coppa dei Campioni (quella del 92 vinta contro la Samp), 2 Supercoppe europee, 2 Coppe delle coppe, 5 titoli della Liga, 3 Coppe e 4 Supercoppe di Spagna.
Amor, fa un certo effetto vedere il Barça in Europa League?
«Da 18 anni non giocava in questa competizione e, dato che è il Barcellona, ha l’obbligo di passare il turno e vincere questa competizione, anche perché finora è stata una stagione complicata, con un distacco sensibile dal primo posto nella Liga. Ma non è facile».
Preoccupato per il Napoli?
«Ho giocato due stagioni a Firenze, dopo gli otto anni nel Barça, e ho conosciuto bene la filosofia del calcio italiano. Ecco, il Napoli rispecchia bene quell’idea: è la squadra che deve essere forte, non il singolo calciatore. Il Napoli ha elementi di valore, tra tutti cito Osimhen, Insigne e Fabian, seguito già dal Barcellona. E ha una difesa solidissima, la migliore in serie A. Ma soprattutto un organico di spessore».
Per quanto si è visto in questa stagione il Barça è battibile. Ma come?
«Il Barça resta il Barça, dunque non bisogna commettere il minimo errore, cercare di fare pressione e correre: è così che l’Athletic Bilbao ha vinto in Coppa del Re, ad esempio. Il Camp Nou ha sempre un peso, tuttavia non credo che il confronto si possa risolvere nella prima gara».
Sembra che il Barça sia sulla strada della ripresa con l’arrivo di Xavi in panchina e i rinforzi di gennaio: è così?
«Xavi conosce bene l’ambiente, però ha bisogno di tempo per tirare fuori il massimo dalla squadra. Il rendimento è altalenante. Ci sono state buone prestazioni, come quella contro l’Atletico Madrid, ma c’è stata anche la gara con l’Espanyol, con il pareggio conquistato al sesto minuto di recupero. È chiaro che il tecnico cercherà di raggiungere gli obiettivi possibili: la finale di Europa League e la qualificazione Champions».
Lei ha giocato 421 partite in blaugrana, otto anni pieni di gloria: resta sempre nella Cantera la forza del club, come fa pensare l’esplosione di Gavi?
«C’è questo ricambio perché il Barcellona ha sempre attribuito grande importanza al settore giovanile, che è un modello vincente anche per altri club spagnoli. Io sono entrato nella Cantera a 12 anni e nell’88 sono stato lanciato in prima squadra da Crujff, dopo tutta la trafila. E dopo Johan ci sono stati Guardiola, Koeman e Xavi che hanno attinto al vivaio, a maggior ragione adesso per la situazione economica del club. Da dirigente, ho gestito l’attività di base e so bene quali importanti risultati si possano continuare ad ottenere sviluppando quella metodologia di lavoro».
Come fu il salto dal Barcellona alla Fiorentina nel 1998?
«A 30 anni avevo deciso di fare quella esperienza e mi trovai benissimo: splendida città, ottima squadra allenata da un professionista del livello di Trapattoni. Altra mentalità, quella del calcio italiano, rispetto alla filosofia del Barcellona: un bel passaggio della mia carriera».
Amor, quale squadra è favorita?
«Il Barcellona. Ha la mentalità di chi va sempre in campo per vincere e vorrà dimostrarlo anche in questa coppa inedita».
F. De Luca (Il Mattino)