Sì, sogna lo scudetto. Lo dice, lo ripete, ci crede. Piotr Zielinski non si nasconde, non ne ha voglia. «Questo Napoli è bello come lo è stato quello di Sarri», ribadisce scandendo bene le parole. E inizia così il viaggio esclusivo nella sua forza e nella sua tranquillità, nella vita di un campione dal cuore d’oro e dalle giocate stellari.
Zielinski, lei è il nuovo numero 10 del Napoli? «Mi piace essere definito così. Io cerco sempre di dare il meglio per la squadra, gioco nella posizione del 10 ed un posto dove mi trovo bene».
Come l’ha cambiata Spalletti? «Ogni allenatore trasmette qualcosa. Lui ha esperienza, ci chiede di migliorare, di dare il massimo e di divertirci. E io mi diverto. È quello che cerco sempre di fare. D’altronde, è un gioco proprio per questo e se ci divertiamo diventa tutto più semplice».
C’è qualcosa in cui ormai si sente napoletano? «Da cinque anni sono qui, l’affetto delle persone è straordinario, coinvolgente, travolgente. Sentiamo il bene dei tifosi in ogni momento, anche quando le cose non vanno come dovrebbero. E io provo lo stesso sentimento per loro. La mia famiglia adora Napoli».
Cosa le hanno detto quando l’hanno vista prendere il treno per andare a Bologna? «Ero con il preparatore Cacciapuoti, ci siamo messi in un posto del treno dove non c’era nessuno. Ho riposato, ho pensato alla partita e a come giocarla bene. Il viaggio mi ha aiutato a rilassarmi e a concentrarmi».
Che serie A è adesso rispetto al 2011 quando è arrivato lei? «Tanti campioni sono andati via, ma tanti ne sono arrivati. Lo trovo un campionato bellissimo, resta tra i migliori al mondo».
L’Inter è la grande favorita per lo scudetto? Voi ci credete? «Ha un’ottima squadra. Anche in quelli che giocano di meno. Ma noi siamo forti, e cercheremo di far bene fino alla fine sperando di fare qualcosa di bello e di importante».
La parola scudetto è tabù nello spogliatoio? «Noi pensiamo partita dopo partita, normale che sia così, ma ovvio che si parla di scudetto. Non c’è nulla di male, noi vogliamo vincere perché sappiamo di avere giocatori che possono lottare per farlo fino alla fine».
La Juventus può rientrare? «Vedendo lo stato di forma di adesso, penso che anche loro possano pensare a qualcosa in più rispetto solo a lottare per un posto in Champions».
Cosa pensa del caso Serra-Milan, lei ha mai avuto scuse da un arbitro? «No, mai nessuno mi ha chiesto scusa. Un arbitro può sbagliare, non è la fine del mondo. Dobbiamo tutti cercare di migliorare, siamo tutti umani e l’errore ci può stare. Senza fare drammi».
Il pareggio con il Verona all’ultima giornata o la delusione di Inter-Juventus del 2018. A cosa ripensa con più amarezza? «Quello scudetto di 4 anni fa poteva cambiare la vita dei napoletani e la nostra. Ma è il passato, possiamo farci poco, pensiamo a quello che succede ora, proviamo a fare adesso quello che 4 anni fa abbiamo solo sfiorato. Tutti abbiamo visto che Pjanic doveva essere espulso e che l’Inter doveva vincere, qualcuno ha fatto degli errori, si può sbagliare, ma non possiamo star qui ancora a lamentarci. La storia dell’albergo? Vero, eravamo lì tutti a vedere quella partita, ma noi a Firenze dovevamo e potevamo vincere il giorno dopo e invece non vincemmo».
A proposito di quello scudetto, Orsato o chiunque altro non si sono mai scusati… «No, mai nessuno, ma ripeto ormai non ha più senso neppure parlarne. Quel che conta è quello che riusciremo a fare adesso».
Ha una clausola rescissoria da quasi 110 milioni. Il suo futuro a Napoli? «Ho altri due anni di contratto, qui sto benissimo, non mi manca nulla. E voglio vincere qualcosa di importante. La clausola? Non mi spaventa, c’è chi ha un miliardo come clausola. Poi mica quello è il vero prezzo: se arriva un’offerta è il presidente che decide il prezzo giusto…».
La critica che più si fa parlando di Zielinski è che è un campione ma è poco continuo: troppo severo come giudizio? «Ognuno può dire quello che vuole. E io non penso di essere discontinuo nel rendimento. Non condivido questo giudizio».
C’è la Salernitana domenica, che insidie ci sono a giocare contro l’ultima in classifica? «Abbiamo già visto all’andata cosa significa il derby. Dobbiamo prepararla bene, hanno giocatori buoni, in alcune partite hanno dimostrato di poter dare fastidio a tutti».
Lei ha preso due volte il Covid, che esperienza è stata?
«La prima volta è stata dura, la seconda davvero non mi sono accorto di nulla. Stavo bene, mi sono allenato a casa per essere pronto per la trasferta di Bologna. Certo, adesso con Maksymilian (il figlio di pochi mesi, ndr) in casa le preoccupazioni sono state maggiori».
Il suo cane, Mia, ha conosciuto quello di Mertens? «È un labrador chocolate, prima avevo paura dei cani ma mia moglie Laura mi ha chiesto di prenderlo e io ho detto di sì e ho scoperto l’amore che i cani sanno trasmettere alle persone. Ma il cane di Dries non lo ha ancora visto».
Le sarebbe piaciuto avere Fabio Cannavaro come ct della Polonia? «Mi piacerebbe conoscerlo e mi è dispiaciuto che abbia detto di no. So che non se l’è sentita per il poco tempo a disposizione per preparare le gare di qualificazione. Adesso quello che conta è che il presidente scelga l’allenatore perché noi a marzo vogliamo conquistare la qualificazione per i mondiali».
Con questa pandemia, più giusto fermarsi o andare avanti? «Ci sono tante regole nuove che cambiano non solo nel calcio ma nella vita di ogni giorno. Io preferisco giocare sempre, però se ci sono tantissimi casi e le regole dicono che non si può giocare non lo faremo. Noi ci prepariamo come se tutto fosse normale».
In che cosa De Laurentiis è un presidente unico? «Non era facile ripartire da zero come ha fatto lui e portare questa società a essere tra le migliori in Italia e in Europa. Non tutti ci sono riusciti, lui ce l’ha fatta».
Se le offrono una decina di milioni, un pensiero ad andare in Arabia o in Usa lo fa? «Per ora non ci penso. Sto qui a Napoli e sto bene. Non ho ancora questo tipo di tentazioni. Mi piace la serie A e spero di restare più a lungo qui».
Quale squadra l’ha colpito come gioco? «L’Empoli ha giocatori giovani e di talento, Andreazzoli sta facendo un grande lavoro. Ho vissuto due anni belli lì e quando posso vederli lo faccio con piacere. Li ho visti con meno piacere solo quando qui al Maradona ci hanno battuto».
Siete terzi, a 4 punti dal primo posto. C’è qualche rimpianto? «Io ci penso tante volte e ne ho, eccome se ne ho. Anche avendo tante le assenze per Covid e per infortuni vari e adesso c’è pure la Coppa d’Africa, con Empoli, Spezia e Sassuolo potevamo vincere lo stesso. Abbiamo già lasciato tanti punti per la strada ed è stato un vero peccato. Ma il campionato è lungo…».
Le piacerebbe essere il capitano dopo Insigne? «Vediamo chi resta, vediamo chi va via. Di questa cosa si parla la prossima estate. Ma certamente solo l’idea di poter diventare il capitano degli azzurri mi dà una grande soddisfazione, mi riempie d’orgoglio. È il sogno di tanti bambini essere il capitano del Napoli. C’è qualcuno al mondo a cui non piacerebbe?».
Lorenzo vi ha parlato della sua decisione? «No, nello spogliatoio non ha detto nulla. Ma è normale che non lo abbia fatto. Per il Napoli e per il calcio italiano lui è una stella unica. Ha preso una decisione, ha fatto i suoi calcoli. Non si può che accettare la sua scelta».
Quali sono le foto più belle da accostare dopo 23 giornate di campionato? «In una settimana ho fatto tre gol di fila, alla Salernitana, al Legia Varsavia e al Verona. Ma la fotografia che io preferisco non è legata a me ma è quella che scattiamo insieme quando facciamo festa perché abbiamo vinto la partita».
Il suo Napoli più bello? «Ce ne sono stati tanti, certo quello di Sarri con Albiol, Callejon, Reina, Mertens, Insigne, Jorginho, Allan è rimasto negli occhi di tutti. Ma questo di Spalletti, quando ci siamo tutti, senza infortuni, ha una rosa che non ha nulla da invidiare a quello. Questo Napoli non è meno bello di quel Napoli».
Il Napoli di Spalletti in qualche aggettivo? «Solido perché basta vedere i gol che prendiamo; bello da morire e penso al secondo gol che abbiamo fatto al Bologna lunedì scorso. Però c’è anche qualcosa che è mancato: concretezza e cattiveria che ci avrebbero consentito di non perdere punti importanti a dicembre».
Lei ha libertà assoluta di pensiero e di movimento. Ed è quello che vuole Spalletti? «Vero, è la posizione che occupo che me lo consente. Sto tra le linee: se vedo che ho spazio vado avanti, a volte devo scaricare, altre volte faccio il dribbling… sì sono libero di scegliere. Ammetto che fare il trequartista ma anche la mezzala sinistra sono i posti che preferisco. Ma io pur di giocare lo faccio col sorriso anche se Spalletti mi mette tra i due di centrocampo».
Osimhen e Mertens hanno caratteristiche diverse: come interpreta il suo ruolo quando davanti a lei c’è l’uno o l’altro? «Osi attacca gli spazi e ha le doti per farlo mentre con Mertens e Petagna si può giocare di più palla al piede e non solo in profondità. Io mi trovo benissimo con chiunque sta là davanti, io penso a giocare come so fare io».
Come Sarri, ha scelto di vivere a pochi chilometri da Castel Volturno e non a Napoli. Glielo ha consigliato lui? «No, l’ho scoperto solo dopo che eravamo molto vicino di casa. Ho scelto di vivere a 15 minuti dal campo di allenamento, ma in una zona in cui basta davvero poco per poi trovarsi al centro di Napoli».
Un piatto a cui non rinuncia? «Le linguine con l’astice. Pasta ovviamente al dente».
Un posto del cuore. «Mi piace il lungomare di Napoli, adoro passeggiare a Capri, ma ci sono anche luoghi magici come Lucrino e i suoi laghi».
L’idolo di sempre? «Sono cresciuto incantato dalle giocate di Zidane. E adesso è facile dire che ammiro De Bruyne e Modric che sono quelli che fanno la differenza nelle loro squadre, che hanno uno stile che invidio. C’è anche Iniesta a cui mi ispiro, ai tempi del Barcellona era davvero insuperabile».
È ambidestro grazie agli allenamenti fin da bambino di suo padre? «Non solo mio padre Boguslaw ma anche la mia mamma Beata me lo ripeteva sempre di usare anche il sinistro quando mi vedeva giocare nel cortile. E alla fine hanno avuto ragione loro anche se con la testa resto sempre piede destro».
Due genitori che le hanno insegnato tanto. «Sono stati grandi maestri con i loro esempi. Gestiscono due orfanotrofi da sette anni ma fin da quando ero molto piccolo nella mia casa sono cresciuto assieme ai tantissimi bambini che venivano accolti e ospitati dalla mia famiglia. Ragazzini e bimbi che avevano difficoltà di ogni tipo, legate ai problemi dei loro genitori e che non potevano vivere con loro. All’inizio non è stato facile per me questa convivenza, vederli dormire nella mia camera o andare in giro per casa: e allora mettevo dei foglietti sulle cose scrivendo questo è il mio libro oppure questa è la mia sedia. Mettevo il mio nome anche su ogni giocattolo. Un bimbo piccolo vedeva gli altri bambini come degli invasori. Poi ho capito che non lo erano».
Infatti è stato lei a comprare le case per ospitarli… «Sì, vero con i primi guadagni a Zablowice Slaskie abbiamo comprato due grandi case proprio per dare ospitalità ad altri piccoli meno fortunati che non possono crescere nella loro abitazioni perché hanno perso i genitori o perché i loro padri sono violenti o con problemi di alcolismo. Per me adesso sono un’altra famiglia e ogni volta che posso vado da loro anche solo per un pomeriggio se c’è una comunione o una festa importante, soprattutto quando so che sono da soli. E anche per portargli dei regali».
Non a caso l’associazione che si occupa di tutto ha il suo nome. «Sì, Peter Pan… perché in polacco Peter sta per Piotr».
Un cuore d’oro. È vero che quando vide fumare alcuni ragazzi per la prima volta ci rimase malissimo? «Sì, mi colpì non solo il fatto che lo facessero nella mia casa, ma proprio perché avevano una sigaretta tra le mani. Ancora adesso non sopporto chi fuma vicino a me».
Che padre è con Maksymilian? «Voglio essere presente, insegnargli io l’italiano oltre al polacco, voglio vederlo crescere standogli vicino. Gli insegnerò a essere una brava persona, un uomo onesto».
Piotr, quanti sacrifici ha fatto per arrivare dove è adesso? «Tanti, ma non mi sono mai pesati. E me ne aspettano altri ancora. Perché le cose che devo conquistare sono ancora tante. A cominciare da quello che voglio vincere qui a Napoli. Perché qui a Napoli voglio vincere qualcosa di importante».
Fonte: Pino Taormina (Il Mattino)