Per chiedere a Luciano Spalletti se sia veramente – e non completamente – felice, basterà portar pazienza, aspettare quarantadue giorni e poi osservare, attentamente, ciò che racconterà l’espressione del volto d’un uomo che, senza nascondersi, a modo suo l’ha detto, pur senza entrare nelle pieghe del suo discorso: «Vogliamo arrivare tra le prime quattro». Dal quarto al primo, e ci mancherebbe, gli andrà tutto bene, qualcosa gli piacerà (indiscutibilmente) di più, però in questo viaggio nell’ignoto tra spazio e tempo, la forbice che va dal 23 gennaio, il derby con la Salernitana, a quella con il Milan, il 6 marzo, offrirà la possibilità per ritagliarsi il futuro e quindi una dimensione. In queste settimane piene di Napoli, il calendario offre spunti e proiezioni, immaginazione e pure un pizzico di umanissima apprensione: però, intanto, altrove ne potranno succedere delle belle (Lazio-Atalanta e Milan-Juventus sabato; il super-derby di San Siro alla ripresa; Atalanta-Juventus nella giornata in cui a Napoli arriveranno i campioni d’Italia. C’è da smarrirsi, anche con gli sguardi periferici, però il Napoli almeno adesso sa di potersi guardare dentro, ha ritrovato le stelle che aveva perduto, altre ne aspetta (dalla Coppa d’Africa), ha persino un uomo mascherato, che può spingerlo a togliersi la maschera.
E poi c’è Spalletti: «Dobbiamo arrivare tra il primo e il quarto posto». Mica bisogna dire ciò che si pensa ma pensare a ciò che si dice (e si fa).
A. Giordano (CdS)