Si è sentita la mancanza di Fabian. Lo spagnolo ha vissuto stagioni nelle quali sembrava in piena crisi di identità: un po’ mezzala, un po’ regista, un po’ fantasista. Poi, con l’avvento di Lucianone in panchina, la musica è drasticamente cambiata: in meglio. Lo dice non solo lo score (5 gol e 3 assist), ma anche il contributo pratico in campo. Innanzitutto ha subito funzionato l’accoppiata con Anguissa. I due si sono capiti e trovati con uno schiocco di dita, il camerunese ha portato la quantità, lo spagnolo ha aggiunto la qualità, per un mix che soprattutto nella prima parte della stagione è sembrato letteralmente esplosivo. Rispetto agli anni scorsi, poi, Fabian ha saputo trovare il feeling con il gol grazie a quella che era rimasta un’arma nota ma spesso sopita: il tiro dalla distanza. Da fuori area, infatti, è sembrato quasi infallibile e senza di lui (out per infortunio dal secondo tempo di Sassuolo-Napoli dello scorso 1 dicembre) gli azzurri hanno perso una soluzione preziosa per andare a segno senza bisogno di saltare tutta le difesa avversaria. Contro la Fiorentina in coppa Italia si è fatto espellere dopo nemmeno mezzora, a dimostrazione che la concentrazione e la tenuta atletica sono da rivedere, ma ha anche fatto vedere accenni di quel calcio illuminato che al Napoli serve eccome.
Il Mattino