Ci sono storie che hanno un sapore particolare, capaci di descrivere perfettamente la magia del calcio e che vanno oltre ai risultati raggiunti. Il pallone appartiene alle emozioni, a coloro che nonostante tutto non hanno mai smesso di sognare, di amare follemente una maglia, una bandiera, una città. Perché per restare nei cuori dei tifosi, e nella storia di questo meraviglioso sport, non è necessario essere il più bravo, il migliore. Lo sa bene Giuseppe Taglialatela, ex portiere del Napoli, che con la maglia partenopea ha vissuto stagioni incredibili: dagli anni di Maradona, passando per gli insegnamenti di Lippi fino all’incubo della retrocessione che – tutt’oggi – ancora non ha dimenticato. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, l’estremo difensore soprannominato ‘Batman’ ha ripercorso la propria carriera ricordando l’enorme affetto verso i colori azzurri e l’esperienza alla Fiorentina, commentando inoltre l’attuale andamento delle squadre in cui ha militato.
“E’ stato un Napoli concentrato, deciso a fare il risultato e quando scendi in campo con questa mentalità difficilmente perdi. Nonostante le numerose assenze hanno rischiato di vincere la partita, mettendo in campo un’ottima prestazione soprattutto dal punto di vista mentale”.
Alcuni tra i giocatori più importanti – come Koulibaly, Osimhen, Ruiz e Anguissa – erano assenti. Quanto crede abbia influito sulla squadra?
“Senza tutte queste assenze più che un’altra partita credo che, probabilmente, sarebbe stato un altro campionato. E’ ormai da diverse giornate che Spalletti non ha la possibilità di schierare la formazione ideale. Senza le assenze il Napoli è superiore a tutti, purtroppo sono stati molto sfortunati e i risultati si sono visti. Malgrado l’emergenza, però, la mentalità è quella giusta. Devono avere questa voglia anche contro squadre meno blasonate”.
Il sogno scudetto è ancora possibile?
“La squadra è attrezzata per competere fino all’ultima giornata nonostante stiano perdendo terreno. Non devono abbandonare questo sogno, continuando a puntare ai vertici della classifica. Avevo e ho ancora molta fiducia, possono vincere lo scudetto”.
Nell’ultima settimana Lorenzo Insigne ha firmato con il Toronto, squadra nella quale giocherà a partire dalla prossima stagione. Come ha visto la scelta del capitano del Napoli?
“Insigne è un ragazzo speciale, anche se devo ammettere di non conoscerlo personalmente. Vado a sensazione. Se ha fatto questa scelta penso ci siano stati motivi ben precisi e importanti. Credo che da parte della società non ci sia stata tutta questa voglia di trattenere determinati giocatori; avrebbero potuto venirsi incontro e trovare un accordo. Insigne aveva una proposta davvero importante e se tra la dirigenza partenopea non c’era la volontà di trattenerlo, a mio modesto parere, ha fatto bene prendere questa scelta”.
Fece il suo esordio con la maglia del Napoli il 6 gennaio 1991 proprio contro la Juventus, perdendo 1-0 a Torino. Come ricorda quella giornata?
“Sono stato un po’ più sfortunato rispetto al Napoli di Spalletti (ride; ndr). Anche quella fu una partita che sarebbe potuta terminare in parità, poi però fece goal Casiraghi e perdemmo 1-0. Ricordo molto bene quella gara, è stato il mio esordio assoluto con la maglia azzurra e giocavo con Maradona, Careca e tanti altri campioni. Nella Juventus, invece, tra gli altri erano presenti Baggio e Schillaci,protagonisti delle Notti Magiche. Resta un ricordo bellissimo a prescindere dal risultato finale”.
Quella del 1990/1991 fu anche l’ultima stagione di Maradona a Napoli. Cosa le ha lasciato El Pibe de Oro?
“Ho vissuto probabilmente la parte più bella della storia del Napoli,quella con Maradona. Mi allenavo sempre con loro grazie a Luciano Castellini, il quale appena misi piede in città mi convocò subito con la prima squadra nella stagione 1985/86. Ho vissuto tutte le principali vicende da ‘spettatore’, fu davvero importante per la mia carriera. Vedere giocatori come Maradona, Careca e Giordano, per me che sono tifoso del Napoli da sempre, era qualcosa di unico, impossibile spiegare quello che provavo vicino a questi mostri sacri. Nella stagione 1990/91, Maradona, mi fece addirittura aumentare l’ingaggio, così come fece con tanti altri compagni: mi chiese quanto guadagnassi e risposi sinceramente, lui si arrabbiò con Moggi e la settimana successiva mi aumentarono sia stipendio che anni di contratto. Era incredibile come il giocatore più forte del mondo decise di prendersi cura di un ragazzo come me, semi sconosciuto. L’affetto che ho ricevuto da lui in quegli anni non lo dimenticherò mai. Ci siamo sentiti spesso anche dopo il suo addio nel 1991, sempre con rispetto”.
Negli anni in Campania ha avuto diversi allenatori importanti: da Boskov a Lippi, passando per Ottavio Bianchi, Simoni e tanti altri. Quale tra loro ricorda con maggiore affetto?
“Come riferimento ho Bianchi, è stato il primo allenatore che ho avuto e colui che, insieme a Castellini, mi fece entrare in quella meravigliosa squadra da terzo portiere. Ricordo bene il suo modo di fare, molto duro. Era fondamentale essere educati, perché senza questa qualità ai miei tempi non si poteva andare da nessuna parte. Ho avuto un bellissimo rapporto, lo ricordo davvero con affetto. Lippi invece è stato probabilmente il migliore allenatore che abbia avuto, con grandissima personalità: leggeva perfettamente le partite. Con i giocatori aveva un rapporto diretto, franco, e penso che questa sia stata la sua forza, oltre alle chiare abilità tattiche. Con il Napoli arrivò in Coppa Uefa, con la Juventus vinse praticamente tutto e nel 2006 ha conquistato il Mondiale, ciò che ha fatto è sotto gli occhi di tutti. Veniva dall’Atalanta e nessuno si sarebbe aspettato facesse un percorso così importante, era davvero un personaggio forte, carismatico e i successi parlano per lui. Ricordo con affetto anche Boskov, riusciva a sdrammatizzare sempre: dopo aver peso 5-1 andò in sala stampa a dire ‘meglio perdere una partita 5-1 che perderne cinque 1-0′, andando a disperdere la tensione accumulata dal risultato e ripartimmo alla grande. Inoltre era bravissimo ad allenare, di uno spessore esagerato. Anche Luigi Simoni era davvero preparato, anche se probabilmente è stato un po’ sfortunato con l’Inter, perdendo uno scudetto che ormai sembrava vinto. Ho avuto davvero grandi allenatori, non mi sono fatto mancare niente”.
E cosa le è rimasto più impresso dell’avventura azzurra?
“La gestione Ferlaino e il centro sportivo di Soccavo, nel quale erano presenti persone stupende. E’ stata la mia seconda famiglia. Ricordo lo Chef Maresca, che ha lavorato per il Napoli per oltre quarant’anni e che purtroppo ora non c’è più, la governante Maria Casillo, Tommaso Sarace, che prima di diventare magazziniere aiutava lo chef. Sono personaggi che hanno dato un apporto davvero importante, veri, che mi fanno ricordare con incredibile affetto quelle stagioni. Era una vera famiglia”.
Le uniche note negative, probabilmente, sono riconducibili alla sconfitta in finale di Coppa Italia contro il Vicenza nel 1997 e la retrocessione l’anno seguente.
“Sì, soprattutto per quanto riguarda la retrocessione. Ci ho lasciato il cuore e forse anche qualcos’altro. Da quel momento la mia carriera è barcollata, o quasi. Su quel campo a Parma ho lasciato davvero tutto. In finale, invece, si può sempre tornare, mentre la retrocessione mi ha veramente tagliato le gambe, sia a livello sportivo che mentale. Ero troppo innamorato di Napoli, ho perso la strada maestra. Successivamente mi sono ripreso e ho avuto altre soddisfazioni, però per me quel giorno è finito qualcosa. Ancora, a 53 anni, ogni tanto succede che di notte mi sveglio di soprassalto perché sogno quella giornata”.
Terminata l’esperienza a Napoli si trasferisce alla Fiorentina e sotto la guida di Roberto Mancini, alla sua prima esperienza da allenatore, vince una Coppa Italia. Come ricorda l’attuale commissario tecnico della Nazionale Italiana?
“Quando giocavo, devo ammettere, c’erano giocatori che in campo erano abbastanza ‘antipatici’, tra cui Mancini dal mio punto di vista (ride; ndr). Sul terreno di gioco protestava sempre, mi dava un senso di fastidio, nervosismo. Quando arrivò a Firenze da allenatore non avrei mai immaginato di trovare una persona così preparata, probabilmente era destinato a vestire questo ruolo, lo diceva anche Boskov. Ho visto qualità importantissime, soprattutto nel rapporto con i giocatori, con lo spogliatoio. Ci sono allenatori che arrivano a determinati traguardi, come Mancini con l’Europeo, e altri che pur essendo bravi hanno qualche pecca, qualche limite, come succede tra i calciatori. Robertoè uno di quelli che ha la testa per fare cose meravigliose e infatti lo ha dimostrato alla Fiorentina, vincendo subito la Coppa Italia, all’Inter, in Inghilterra e anche in Nazionale. Lo ricordo con molto affetto, a inizio 2000 ho avuto un periodo complicato e mi è stato molto vicino”.
Nel corso di un’intervista rilasciata a Sportweek, Mancini ha spiegato di avere sognato la vittoria del Mondiale in finale contro il Brasile per 1-0. Crede che gli Azzurri possano dire la loro anche in questo 2022?
“L’Italia è una buonissima squadra proprio grazie a Mancini.Arrivavamo da anni disastrosi e il mister è riuscito a rimettere in piedi il sistema, senza paura di schierare i più giovani o chi non ha molto spazio nel club di appartenenza. Sa individuare il talento, conosce benissimo la materia: è stato anche un gradissimo calciatore. Magari il Mondiale non si vince, ma gli Azzurri faranno paura a tutti. Riusciranno a esprimere il miglior gioco, sono convinto che si possa fare davvero molto bene”.
Tornando a Firenze, come vede la squadra di Vincenzo Italiano?
“Mi piace tantissimo, è allenata davvero bene. Gli allenatori determinano i risultati e Italiano è uno di questi. Ha il proprio credo, le proprie idee, e penso sia l’uomo giusto per guidare questa squadra. Sono giovani e ambizioni, possono crescere molto”
Pensa sia ancora presto per tornare a disputare una competizione europea oppure la Fiorentina è tra le favorite per un posto tra le prime sette?
“C’è una concorrenza agguerrita ed è difficile, credo però possano giocarsela. Dipenderà anche da questo calciomercato, sarà importante non perdere giocatori importanti e magari individuare alcuni profili interessanti in mood di rafforzare ulteriormente la rosa. La Fiorentina può dire la sua”.
Fonte: Footballnews 24