Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “Il calciatore camionista”

Quando usciva dal sottopasso, il pallone sotto braccio, la gente mormorava. Lui lanciava il pallone e lo colpiva forte, tirandolo verso il cielo. E la palla ricadeva nel cerchio del centrocampo, sempre, ogni volta. Il calciatore sollevava allora le braccia al cielo, come avesse segnato un gol, sorridendo esultante. E la gente del Collana, lo stadio al Vomero dove giocava il Napoli, esultava con lui. Era un rito. E Roberto La Paz, detto Luiz, lo interpretava secondo il dettame del tifo napoletano. Quello scaramantico. Era arrivato su un piroscafo, abbandonando una poco promettente carriera come camionista, in Uruguay, attività con la quale arrotondava il misero stipendio da calciatore dilettante. Centoottantquattro centimetri di forza fisica, capelli come una massa compatta, il sorriso errante perennemente scolpito sulle labbra. Lo aveva raccomandato Andreolo, terzino campione del mondo nel ’38 in Francia con la nazionale di Vittorio Pozzo, che militava in un Napoli dopoguerra con alterne fortune. Ma prima di arrivare a vestire la maglia azzurra, si era accasato a Frattamaggiore. Con la Frattese. Curioso aneddoto di un calcio che, dentro lo scrigno del tempo, custodisce aneddoti stupefacenti. Fu durante alcune amichevoli con la maglia della Frattese, che partecipava al girone meridionale del campionato italiano di calcio, ancora frazionato a causa del conflitto bellico, che si mise in luce. Amichevoli di lusso, nelle quali la squadra oggi in Eccellenza, inflisse sonore batoste a squadre blasonatissime. Quattro a uno al Milan, uno a zero alla Juventus (!), un pareggio per due a due con il Livorno. Segna anche, in queste amichevoli e lo nota il Napoli. Ci resta tre anni, in azzurro. Altalenando prestazioni incredibili, ad altre disastrose. Gioca ala destra, il primo calciatore di colore della storia della società Partenopea, ma fa dannare la dirigenza. Fa parlare di lui, nelle cronache cittadine, più per la passione per le donne e le balere, che per il prato verde. Lunghe fughe notturne condite da sveglie ad allenamenti iniziati da un pezzo. E così si studia uno stratagemma. La Paz viene chiuso nel campo, dal custode, alla sera dopo l’allenamento. Ma nemmeno basta. Armato di muscoli, arguzia e carrucole con funi, si cala dall’esterno, sfuggendo alla prigionia forzata. Inoltre si rinnova la sua passione come camionista. Nelle sere dopo gli allenamenti, spesso, si fa notare alla guida di grossi camion caricando e scaricando merce da un lato all’altro della città. A volte guida gli automezzi fino a Caserta. Si diceva arrotondasse ancora, in realtà amava guidare di notte, sotto la luna. Nulla può “irregimentarlo”. Sul campo è un minimo sindacale di genio e moltissima sregolatezza. Innamorato della palla, ed ossessivamente dedito al dribbling, fa dannare anche i compagni di squadra. Una notte decide che è tempo di cambiare aria. E scappa via, su una nave rotta Marsiglia. Dove diventa un giocatore dell’ O. M. Non si è mai saputo se anche lì, nella terra dei camionisti notturni per eccellenza, guidasse attraverso la Francia. A Napoli non è mai più tornato, e nessuno se lo ricorda più. Nessuno. O quasi.

Stefano Iaconis

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