L’ex azzurro risponde a Ivan Zazzaroni sul momento del campionato di serie A e sugli spareggi che disputerà l’Italia a fine Marzo.
Cannavaro adesso pedala compulsivamente, «perché non ho un cazzo da fare». E ride, orientando subito in discesa la nostra chiacchierata. «Quello della bici era un mondo a me sconosciuto, quando stavo in Cina mi ci introdusse l’avvocato Minghetti. Volevo fare attività nonostante il ginocchio sinistro – si gonfia non appena tocco un pallone -, lui mi fece parlare con Ivan Basso che mi mise in contatto con la Trek. Da allora non mi sono più fermato. Tra mountain bike e bici da corsa,13mila chilometri in meno di un anno. Ad agosto sono rientrato in Italia e ho trovato un bel gruppo, ragazzi campani, appassionati e simpatici, gente normale, senza la “perversione” del primatista. Non seguiamo schede, né programmi specifici. Ci ritroviamo la mattina e decidiamo il tragitto. Ieri siamo saliti sul Vesuvio, a volte preferiamo la Costiera, o Mondragone. A qualcuno è venuta l’idea di spingerci fino a Roma, siamo partiti e in otto ore ci siamo fatti 245 chilometri, tutti documentati. Io mi sono dato un obiettivo: tre volte a settimana e 2.000 calorie al giorno».
P er quale motivo? «Per mangiare… Sono una bellezza, anche se mi sto facendo vecchio. Prima uscivo con i figli, adesso con la bici, mia moglie se n’é fatta una ragione. Pensa che la Trek mi ha messo addirittura sotto contratto».
E così abbiamo fatto il marchettone, e giù altri soldi. «Non ho voluto un euro».
Fabio, nel tuo futuro c’è una panchina o il Mondiale su strada per veterani? «Torno ad allenare. In questi mesi ho ricevuto tante proposte, in particolare dall’Asia, ma ora voglio misurarmi con l’Europa. Sono stato un mese a Londra, mia figlia vive lì, ho conosciuto un sacco di persone e iniziato una collaborazione con Pini Zahavi. Mi sono dato un tempo, sto fermo fino a dicembre, poi comincio a girare per campi d’allenamento. Ho parlato con Tuchel per seguire il Chelsea, con Guardiola per il City, e mi piacerebbe poter vedere Spalletti a Castel Volturno. Per ora ci sono passato solo in bici. E non mi sono fermato».
Lo consideri un modello? «Lo seguivo anche alla Roma. Ha dei concetti nei quali mi ritrovo perfettamente. Ho visto spesso il Napoli, anche quando ha perso ha sempre giocato. Con l’Empoli e lo Spezia Luciano è stato sfigato: gli hanno portato via i tre punti senza tirare in porta. Tutti a dire che doveva mettere Mertens, che non doveva togliere Zielinski. Chi è sceso in campo ha tirato la carretta. Purtroppo gli infortuni sono stati pesantissimi».
A gennaio trova subito Allegri . «La flessione della Juve non mi ha sorpreso, la ritengo inevitabile, fisiologica. Non dimentichiamo che ha perso il salva-allenatori».
Il preziosissimo Ronaldo. «Con lui partiva sempre da uno a zero. La Juve deve fare i conti con l’usura dei giocatori più importanti e con il ritardo di alcuni giovani che hanno incontrato molte difficoltà. Non mi aspettavo invece il calo del Milan. Non adesso almeno».
L’Inter ne ha immediatamente approfittato. «È davvero completa, e mi fa piacere per Simone Inzaghi, troppe diffidenze nei suoi confronti, non è mai stato considerato un allenatore da grande squadra e invece ha tutto per riuscire: sa come prendere i giocatori, li fa stare bene. Rispetto allo scorso anno sono più liberi di esprimersi e in campo si nota. Io, come Simone, non mi considero un inventore, ho dei princìpi di gioco, i miei concetti, la mia fase d’attacco e la mia fase difensiva. Sono molto esigente, non un semplice gestore. L’esperienza in Cina è stata molto formativa: ho fatto il manager a trecentosessanta gradi, non pensavo solo alla squadra, ho costruito il centro sportivo, lavorato sul nuovo stadio. Evergrande era, per importanza, uno dei primi cinque club dell’Asia. La proprietà è stata subito chiara: mi ha chiesto di ringiovanire radicalmente la rosa, che ho portato da 33 anni di media a 22, ventitré. Non erano tutti Paulinho e Talisca. Un titolo nazionale, due secondi posti, la semifinale della Champions asiatica. In Cina le cose sono precipitate nell’ultimo anno e purtroppo la crisi mi è costata qualche rinuncia pesante».
Quale, ad esempio? «Per due anni ho dovuto dire di no alla Fiorentina che ha giocatori di qualità e una proprietà solida e ambiziosa. Quando ho ricevuto le proposte, i dirigenti dell’Evergrande non mi hanno lasciato partire. Italiano è comunque un’ottima scelta, mi entusiasma. Una volta rientrato in Italia, ho fatto sapere che in Cina non sarei più tornato per ragioni familiari. Fossi rimasto, oggi mi ritroverei in bolla per trenta giorni».
Siamo tutti in bolla. E in ballo. Mancini continua però a professare grande ottimismo. «Detto tra noi, Roberto è un gran paraculo».
Prego? «Resti tra noi, dài!».
Resta in Europa. «Roberto ha fatto la storia, l’estate scorsa. Nessuno prima degli Europei pensava che l’Italia potesse vincere. E non conta il fatto che le prime tre le abbiamo giocate all’Olimpico. Anche nel 2006 dicevano che avevamo affrontato solo Australia e Ucraina. A certi livelli contano il momento, la condizione generale, la fiducia, le idee e l’esperienza della guida. Se vai avanti trovi le più forti. Ricordo che quando tra Portogallo e Francia si qualificarono i francesi, dissi a Gigi (Buffon, nda) “no, ancora la Francia, no: sono fortissimi”. E poi, Berlino…».
E fortissimi sono rimasti , a distanza di quindici anni». «Perché hanno lavorato in profondità, investito sui settori giovanili, sulle strutture, sul talento».
Purtroppo tra noi e il Qatar potrebbe esserci il Portogallo. Vuoi che ti faccia l’elenco dei compagni di Ronaldo? «Ruben Dias, Cancelo e Bernardo Silva del City, Diogo Jota del Liverpool, Joao Feliz dell’Atletico, Bruno Fernandes dello United, Leao del Milan, e qui mi fermo. Dalla nostra parte c’è la consapevolezza di essere i campioni d’Europea e di aver battuto l’Inghilterra a Wembley, anche se Southgate ci ha dato una bella mano ai rigori… A novembre abbiamo pagato lo scotto del mese maledetto, dove noi italiani andiamo storicamente in difficoltà. Me lo ripeteva spesso Maldini, Cesarone, prima dello spareggio con la Russia. Non voglio nemmeno pensare che Roberto non ce la faccia: la seconda eliminazione di fila sarebbe un dramma».
Il campionato, secondo te, gli sta dando una mano? Penso a Scamacca, Frattesi… «Gli auguro di recuperare quelli che sono mancati a Roma: Chiesa, Chiellini, Immobile, Verratti, Pellegrini. Se rientrano questi, andiamo a giocarcela».
Fonte: CdS