Così il collega del CorrSport Antonio Giordano scrive sulla questione Coppa d’Africa e suggerisce la soluzione del buonsenso:
“Servirebbe semplicemente un pizzico di buon senso: e visto che domani è il giorno del giudizio, non sarebbe neanche così complicato sedersi, mettersi in pace con se stessi e rendersi conto dell’inesistenza di (anche) un solo buon motivo per far giocare la Coppa d’Africa. Quando – domani – in Camerun arriveranno gli uomini della Caf, basterà (basterebbe) spiegare al Paese organizzatore cosa sta succedendo nel Mondo, quali siano le preoccupazioni dal punto di vista sanitario e quanti i rischi che si correrebbero lasciando migrare decine e decine di calciatori, in quell’andirivieni tra Continenti nel quale il pericolo d’imbattersi, chissà se di striscio, nella variante Omicron, si moltiplicherebbe di volo in volo.
Ci sarebbe, poi, anche dell’altro, ma è chiaro che gli aspetti squisitamente calcistici, rispetto agli effetti della pandemia, sono irrilevanti: la Coppa d’Africa, che con un anno di ritardo – ovviamente per “colpa” del Covid – starebbe per andare in scena, è un legittimo appuntamento identitario, dà un senso alla carriera di un calciatore e all’orgoglio di Nazioni che ormai da dodici mesi stanno aspettando di poter rimettere in gioco le proprie ambizioni. Però, intanto, è successo anche altro, maledizione, hanno serrato vari stadi della Premier, hanno “riaperto” il lockdown in Olanda, ci sono misure restrittive in mezz’Europa e c‘è un filo di terrore che rotola pure dentro ad un pallone.
In questo soffocante calendario internazionale, figlio pure di scelte dissennate, non sarebbe semplice trovare nuove finestre da spalancare, però un pizzico d’aria pura, adesso, è indispensabile. E non certo per lasciare che almeno i campionati possano giocarsi limpidamente, evitando d’incidere con assenze prolungate che finirebbero per alterare stagioni calcistiche e destini. Nel summit decisivo che si terrà domattina in Camerun, la Fifa può arrivarci con una normalissima mappatura del Covid, con i dati sensibilmente preoccupanti delle ultime settimane, con il terrore d’andare incontro ad una possibile (mica certa, per fortuna) ondata di contagi da evitare. E rimane assolutamente insignificante il resto: le date delle partite (dal 6 gennaio al 9 febbraio), la possibilità che parecchi club possano essere costretti a rinunciare persino per almeno un mese e mezzo o circa due alle proprie stelle, la necessità che dopo il triplice fischio sia indispensabile sottoporre i calciatori ad una quarantena di dieci giorni. L’importante è la salute, si dice dalle parti nostre. E forse anche in Africa”.
Fonte: A. Giordano CdS