Senza dubbio un esperto di Milan/Napoli. Probabilmente le due fasce laterali dello stadio Meazza le conosce a memoria. Perché nelle quattro stagioni passate indossando la maglia rossonera, Gianluca Zambrotta le avrà percorse migliaia di volte. Su e giù, giù e su: a tutta gamba per spingere, ma anche per coprire.
Domani c’è Milan-Napoli, una partita che può valere quanto in ottica scudetto? «È vero che siamo al giro di boa e che mancano solo due gare alla fine del girone di andata, ma il discorso scudetto è ancora tutto apertissimo».
Ovvero? «Il campionato ci sta dicendo che ci sono quattro squadre nel giro di pochissimi punti e tutte possono vincere il titolo. Sono convinto che la lotta sia ancora molto aperta e attenzione anche al possibile inserimento di una tra Juventus, Roma e soprattutto Fiorentina, una squadra che mi sta piacendo molto».
E il Napoli? «Gli azzurri hanno iniziato molto bene grazie alla cura Spalletti. Luciano ha portato entusiasmo, cosa che in un ambiente come quello di Napoli fa sempre bene».
Però il rendimento è andato a scemare: come mai secondo lei? «Beh, non si può fare a meno di guardare l’infermeria. I tantissimi infortuni non hanno aiutato Spalletti e il Napoli soprattutto nelle ultime partite».
Di chi si avverte di più l’assenza? «Sicuramente Osimhen e Koulibaly, perché sono le colonne portanti della squadra e perché andranno anche in Coppa d’Africa e mancheranno per altre gare».
Spalletti cosa sta dando? «A me Luciano piace. Perché è un allenatore intelligente e tatticamente molto bravo. Peraltro ci sa fare anche nella comunicazione».
Dall’altra parte il Milan... «Da quando è arrivato Pioli i rossoneri sono andati in crescendo e i risultati raccontano del bellissimo rendimento della squadra. Poi sono arrivati gli infortuni e come nel caso del Napoli c’è stato un calo fisiologico. Nel Napoli ho detto Osimhen e Koulibaly, nel Milan dico Kjaer come assenza più pesante. Peraltro il Milan credo abbia pagato anche un po’ la scarsa abitudine al doppio impegno settimanale con la Champions».
Pioli, però, ha potuto contare sul ritorno di Ibra: lei ha giocato con lo svedese, cosa ha che lo rende così speciale anche a 40 anni suonati? «Il fatto che sia un professionista assoluto. Direi alla Cristiano Ronaldo. Altrimenti non arrivi a quella età se non sei così. Cura maniacale dell’alimentazione, attenzione al fisico e il lavoro quotidiano. Poi mentalmente è sempre pronto e preparato. Capisco i giovani che sono attratti dalla sua guida».
Per lei chi è stato così? «Racconto un aneddoto».
Prego. «Quando sono arrivato alla Juventus dal Bari nel 1999 sono stato catapultato in un mondo totalmente nuovo. E il mio primo compagno di stanza in ritiro è stato Zidane. È diventato subito il mio primo esempio. Mi ha aiutato a crescere proprio come Ibra sta facendo con i vari Calabria, Tonali e Brahim Diaz. Una cosa molto simile a quella che nel grande Milan di Ancelotti facevano Maldini e Costacurta: dei giganti in campo e fuori».
Sua moglie Valentina è napoletana: come si viveva il derby casalingo Milan-Napoli? «Quando giocavo lei faceva il tifo per me, ovviamente. Ma tutto il resto della famiglia era malata del Napoli come lo è tutt’ora. Ovviamente erano settimane di sfottò e prese in giro, ma in fondo io sono molto legato a Napoli e al Napoli quindi per me era una bella sfida».
A proposito di sfide: come vede quella di Europa League tra il Napoli e un’altra sua ex squadra, il Barcellona? «Innanzitutto va detto che si tratta di una sfida da Champions, ma l’Europa League è pur sempre una competizione importante».
Cosa manca al Barcellona di quest’anno? «Sicuramente Messi. Perché un Barcellona senza Messi è come il Napoli degli anni ‘80 senza Maradona».
Però è tornato Xavi... «Giocare e allenare sono due cose diverse. Non è detto che un grande giocatore diventi anche un grande allenatore. Intanto sono contento per lui perché è stato una bandiera e penso che con Xavi si possa aprire un nuovo ciclo, una ripartenza come fu ai tempi di Guardiola»
B. Majorano (Il Mattino)