Lorenzo Insigne, capitano del Napoli, che ha rilasciato un’intervista a “Rivista 11”, tra le altre cose ha sottolineato il rapporto coi tifosi.
«La gente si è sempre aspettata tanto da me. Ho cercato di ricambiare. Ho avuto degli screzi qualche volta coi tifosi e mi dispiace. Qualcuno non mi ha mai compreso al 100 per cento. Chi mi conosce davvero, sa come sono fatto» – ha detto Insigne – «Napoli, se non la vivi, non la conosci. Io sono nato qua, potrei non fare testo, ma sento parlarne bene da tutti i miei compagni dentro lo spogliatoio, quelli che hanno girato tanto il mondo, quelli che sono venuti con le famiglie. La città soffre di molti pregiudizi, resta spesso schiacciata da un certo odio che esiste tra i tifosi».
Pregiudizi che ha dovuto affrontare – e vincere – anche all’inizio della sua carriera. «Il più grande pregiudizio nei miei confronti è stato l’altezza. Al Torino, mi assicurarono che a 14-15 anni sarei andato da loro per un provino: partii, feci due-tre allenamenti, giocai una partita. Dopo mi dissero: sì, bravo, ma onestamente ci aspettavamo che crescessi. Mi mandarono a casa, e la stessa cosa successe all’Inter. L’unico che ha creduto in me è stato Peppe Santoro, al settore giovanile del Napoli» racconta Insigne. E gli allenatori? «Zeman è stato decisivo, Benítez mi ha completato. Il calcio con Sarri è gioia: mi sono divertito tanto in tre anni, ci è solo rimasta la delusione di non aver vinto lo scudetto. Ancelotti? Non è vero che non ci siamo presi. Avevamo idee diverse, questo sì, su cose di campo. A Gattuso devo tanto. Spalletti è una personalità forte: ci ha restituito consapevolezza nella nostra forza»
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