Scudetti, veleni e rancori. Una rivalità a lungo feroce e cattiva. Ma il giorno della monetina di Bergamo ha segnato un punto di non ritorno. «Venni colpito da una 100 lire, ho sempre avuto la verità dalla mia parte. Mi spiace che al Milan non abbiano mai accettato quello scudetto perso, mi spiace che stanno sempre lì a ricordare con rancore e a lanciare accuse senza senso. Ma ora sono persino stufo: dove aver sfiorato la morte per il Covid, la mia vita è cambiata. E nulla mi fa più arrabbiare come prima». Riccardo Rogerio de Brito deve il suo soprannome Alemao, cioè tedesco, a un ingegnere amico del padre, che vedeva, in quel ragazzino, qualcosa della sua Germania.
Proprio Van Basten, non le ha mai perdonato lo scudetto vinto nel 90. Perché? «L’ho sempre molto rispettato, ma se ancora adesso sta lì a lamentarsi per quel campionato perso vuole dire che non ricorda bene, che non ha capito niente, che non è intelligente come pensavo. Ricorda la monetina, ma mica ricorda la figuraccia che fecero a Verona o gli episodi arbitrali a favore. E poi, quella 100 lire mi ha colpito per davvero. Io ho sempre avuto la forza della verità dalla mia parte, sempre. Non feci finta di nulla. Vincemmo quello scudetto perché eravamo più forti del Milan. Van Basten mi sembra un ragazzino quando dice certe cose».
E questo Milan-Napoli? «Io credo nello scudetto del Napoli. Ho visto fare agli azzurri della partite stupende in questa stagione, sono certo che la differenza adesso la stanno facendo gli infortuni, i malanni di queste settimane. È un bel campionato questo. Credo che i tifosi si stiano divertendo».
Ibrahmovic è l’uomo che più di tutti va temuto? «Lo è. Anche se non credo che sia un fuoriclasse. È troppo definirlo così. È uno che può avere del colpi che fanno la differenza ma un fuoriclasse è qualcuno che lotta per altri, lascia il segno in un posto, combatte per un ideale».
Come Maradona. «Sì, come Diego. Lui è uno che oggi viene rimpianto in tutto il mondo anche per tutto quello che ha fatto fuori dal campo. Non solo a Napoli. Ha combattuto per i deboli ovunque e a Napoli ha difeso la città ogni volta che veniva offesa dal razzismo negli stadi, ogni volta che i diritti dei napoletani venivano colpiti. Ha lottato e noi con lui, anche se da stranieri non abbiamo mai veramente compreso perché c’era sempre tutta questa rabbia verso Napoli e i napoletani nel resto d’Italia. Ma è per questo che ora tutti lo piangono».
Lei ha da poco compiuto 60 anni. «Ed è stato un compleanno diverso, perché con il Covid ho vissuto giorni difficili, ho davvero creduto in alcuni momenti di non farcela a uscire dall’ospedale. Ora ho ancora problemi respiratori, soffro di renite, ma mi godo ogni giorno della mia vita in maniera differente rispetto a prima».
Il calcio è un ricordo? «Ho amato questo sport, ora amo i ragazzi a cui riesco a dare una mano nella Casa de Transformaçao Betania in cui da 24 anni mi occupo di chi vuole uscire dalla droga».
Chi vince domenica? «Ai miei tempi, vincevamo al San Paolo e perdevamo lì. Spero che non seguano le nostre orme».
P.Taormina (Il Mattino)