Tra i documenti acquisiti dalla Guardia di Finanza nelle sedi di 11 club calcistici italiani, in merito all’indagine della Procura della Repubblica di Milano che riguarda il procuratore macedone Fali Ramadani e l’agente sportivo Pietro Chiodi su presunte irregolarità nel calciomercato con un sistema di esterovestizione societaria, ci sono anche quelli del rinnovo del contratto di Koulibaly con il Napoli (che avvenne il primo settembre 2018) di 5 anni fino a giugno 2023 (ingaggio annuale di circa 10 milioni lordi).
Nessuna delle 11 società (Juventus, Torino, Milan, Inter, Verona, Spal, Fiorentina, Cagliari, Roma, Napoli e Frosinone) è indagata. Al vaglio diverse operazioni, tra rinnovi, cessioni e acquisti (nel periodo che va dal 2018 al 2021), tra le quali quelle relative a Federico Chiesa (passò dalla Fiorentina alla Juventus), Miralem Pjanic (passò dalla Juventus al Barcellona) Samir Handanovic, Ante Rebic, Nikola Kalinic, Karlo Butic e l’allenatore Maurizio Sarri, totalmente estraneo alla vicenda: il tecnico toscano che nell’estate 2018 dopo l’addio al Napoli passò alla Chelsea, poi l’anno successivo alla Juve e quest’estate alla Lazio. È su queste e altre operazioni, tutte “mediate” dal procuratore Fali Ramadani, che si sta concentrando l’attività di inquirenti e investigatori nella nuova inchiesta milanese sul calciomercato. Compravendite e affari su cui il 58enne, nato in Macedonia del Nord e con residenza a Dublino, avrebbe incassato “commissioni” milionarie ma, secondo l’accusa, senza pagare un euro di tasse in Italia. Potrebbe sfiorare i 60-70 milioni di euro la cifra non dichiarata al fisco e derivata dai compensi sui contratti di compravendita, rinnovo, prestito dei calciatori trattati da Ramadani, il procuratore macedone tra i cinque più potenti al mondo indagato, con l’agente sportivo Pietro Chiodi, nell’inchiesta della Procura di Milano. La somma – allo stato solo un calcolo ipotetico e che va accertato – è frutto di una stima basata sia sul valore di 770 milioni del parco atleti gestito complessivamente da Ramadani, sia sulle molte operazioni da lui effettuate: dovrebbero essere oltre 30 nel nostro Paese.
La base di partenza per le indagini per omessa dichiarazione dei redditi, riciclaggio e autoriciclaggio, coordinate dal pm Giovanni Polizzi e dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, sono state tre segnalazioni generiche di operazioni sospette, le cosiddette “sos”, da parte dell’Uif, l’organismo antiriciclaggio di Banca d’Italia, e una prima ricostruzione di flussi per 7 milioni di euro sui conti correnti intestati al procuratore sportivo o alle sue società già sotto la lente della magistratura spagnola. Conti italiani su cui sarebbero arrivati anche milioni di euro da parte di club esteri e in particolare dalla Spagna.Sarà, però, solo l’analisi delle carte raccolte con le perquisizioni effettuate dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza nei confronti di Chiodi e con le acquisizioni nelle sedi di 11 società a fornire un quadro certo della presunta evasione fiscale. La mole di documenti, in gran parte informatici e dei quali è stata fatta copia forense, già forse da oggi saranno esaminati per arrivare ad appurare quanti siano stati i compensi incassati in Italia, a partire dal 2018 e fino al 2021, da Ramadami, dal suo collaboratore Chiodi e da altri suoi agenti territoriali. Al momento sono stati raccolti, oltre alle mail sui contatti tra dirigenti dei club e Ramadani, una trentina di contratti, ma il loro numero potrebbe salire. Contratti che andranno esaminati per accertare quanti compensi sono andati al “super procuratore”. Quella avviata a Milano è una indagine ancora alle prime battute, ma che intende far luce, questo è il sospetto, su un sistema illecito che sarebbe stato messo a punto per aggirare il fisco per milioni di euro trasferendo i proventi delle attività di mediazione di Ramadani in sue società irlandesi, maltesi, inglesi e bulgare. R. Ventre (IL Mattino)