Le sei placche e le diciotto viti, le tre ore e mezza d’intervento chirurgico, i tormenti e le sofferenze, svaniscono – improvvisamente – in una mattinata uggiosa eppure egualmente baciata da un sole che Osimhen pare avvertire dentro di sé, lasciandosi andare dolcemente nella Castel Volturno che torna ad essere sua a diciassette giorni dall’impatto fortuito con Skriniar, dalla «sentenza» dei medici, dalla diagnosi e poi dalla prognosi che l’aveva anestetizzato: «Fratture multiple e scomposte dell’orbita e dello zigomo sinistro, che richiederanno tempi lunghi: tre mesi». Quando il dottor Raffaele Canonico e il professor Gianpaolo Tartaro l’hanno «liberato», Osimhen si è lasciato andare: ha intrapreso il suo lungo cammino e ha iniziato un percorso che adesso non ha date certe ma almeno ha un domani nel quale potersi specchiare. Correrà ancora contro il vento, ma con leggerezza, per lasciare che le fibre del proprio corpo non appassiscano; e se ne starà con lo sguardo dritto verso l‘ignoto, sapendo che però arriverà di nuovo il suo momento.
Fonte: A. Giordano (CdS)