C’è stato un’epoca, appena un anno fa, in cui Stanislav Lokotka ha scoperto di sentirsi un sopportato in una squadra che sembrava gli stesse talmente larga da non ritrovare mai spazio: 527′ (solo otto in più di quelli giocati con Spalletti), sapevano di bocciatura su tutti i fronti, non solo calcistici ma personali, un affronto da combattere senza neanche l’aiuto dell’autostima. Ma quando il vento è cambiato, e Spalletti gli ha offerto una maglia, lo spiffero dell’Est si è avvertito nella verticalità e nel palleggio d’un calciatore capace (persino) di vedere dove altri non erano arrivati. Poi, e dev’essere per forza il destino, un contatto ruvido con Freuler, una botta che rimane lì, anestetizzata dalla fatica e dall’adrenalina, fin dentro lo spogliatoio; una fitta che s avverte quando il muscolo si è raffreddato e la resa, inevitabile, all’undicesimo minuto di Napoli-Atalanta: fuori, chissà per quanto, forse sino al 6 gennaio, per ritrovarsi con la Juventus o, se i miracoli sono possibili, svegliandosi ogni mattina, fino all’Empoli e poi a seguire sino al Milan, per capire se il corpo avrà concesso nuove risposte. Fonte: CdS