Quando ormai è finita, e dentro potrebbe esserci (soprattutto) l’amarezza per aver perso la partita e il primo posto, Luciano Spalletti scende dalla tribuna, dal dirigibile che l’ha ospitato per i 94 minuti belli e dannati per il suo Napoli, e si va a sistemare dinnanzi alle telecamere, perché sia sua anche una serata nella quale la delusione la fa da madre e anche da padre. «Avessimo vinto, avrebbe parlato Domenichini ovviamente. Ma visto che abbiamo perso, è giusto che lo faccia io».
Nella notte di uno stadio che, mentre è ormai finita, applaude a oltranza, la lezione è servita: si può analizzare una partita al di là delle difficoltà, delle assenze, di alibi robustissimi che vengono lasciati a bordo campo e persino andando oltre il risultato, adagiandolo in un angolo dei pensieri spettinati che Spalletti si porta appresso e che non tiene per sé.
«L’Atalanta ha vinto una partita vera e contro una squadra vera, vale a dire il Napoli. Abbiamo giocato un calcio di livello, siamo riusciti a mettere in campo una squadra credibile che ha fatto belle cose. Poi ho dovuto fare delle scelte e non abbiamo avuto però fortuna».
Mancandogliene già sei, a un certo punto, per non fargli mancare nulla, il destino lo ha costretto anche a rinunciare a Lobotka, una delle grandi sorprese di questo trimestre infarcito di «accidenti» vari sui quali almeno un riferimento piccolo-piccolo si può fare: «Nonostante tutto quello che ci sta capitando, siamo in condizione di restare agganciati ai club più forti o a quello che possiamo definire il carro importante: perché nel momento in cui ritroveremo alcuni dei nostri, saremo anche in condizione di poter sfruttare più cambi. Lobotka stava gestendo benissimo la regia, portava l’Atalanta fuori giri, riusciva a imbucare. Adesso verifichiamo questa ulteriore difficoltà ma noi contiamo in Demme: non avesse avuto il Covid, avrebbe giocato dall’inizio, ma è complicato tornare in fretta a certi ritmi dopo aver contratto il virus».
Fonte: A. Giordano (CdS)