Vujadin Boskov rinunciò a Pippo Inzaghi, già attaccante di valore e futuro campione del mondo, per lui. Carmelo Imbriani era uno degli undici “fratellini”, come li chiamava il maestro serbo, che all’inizio del campionato 1995-1996 stupirono l’Italia portando il Napoli ai vertici della classifica. Durò poco. I conti del club erano un disastro, l’esperto allenatore che quattro anni prima aveva vinto lo scudetto con la Sampdoria avrebbe assicurato una tranquilla salvezza prima di lasciare il posto a Gigi Simoni. A quei tempi, era già tanto.
Carmelo, beneventano di Ceppaloni, era entrato nel settore giovanile del Napoli su segnalazione di un consigliere del club, Clemente Mastella, uomo politico di primo piano e cugino del padre. Si era fatto spazio nelle squadre minori azzurre e nel ’94 Marcello Lippi decise di farlo esordire in A. Per Boskov, era un predestinato. Ma in azzurro avrebbe collezionato 33 presenze e segnato 5 gol, prima di iniziare un tour in tutta Italia. Smise presto diventando allenatore del Benevento. E, quando riuscì ad arrivare alla guida della prima squadra, cominciò a sentirsi male nel ritiro precampionato. Febbre alta, dolori. E tanta paura. Era l’estate del 2012, i medici diagnosticarono il linfoma di Hodgkin. Imbriani lasciò la panchina, il suo campo di