«Meno male che si gioca in casa del Sassuolo, perché in questo momento quando giocano in trasferta sembrano una macchina da guerra». Per Paolo Cannavaro c’è poco da fare: se c’è di mezzo il Napoli, il suo Napoli, non riesce a essere neutrale. Neppure se c’è il Sassuolo, di cui pure è stato capitano.
Cannavaro, parlare di miracolo è ormai noioso? «Ma sì che lo è. Poi che miracolo è? Lo è stato quando sono arrivato io e abbiamo sfiorato l’Europa League, ma adesso non ha senso. Dicono: come fa l’Italia ad avere quattro calciatori del Sassuolo? E io mi stupisco, resto quasi incredulo: il problema è delle big della serie A che non hanno titolari italiani come li ha il Sassuolo da dare all’Italia».
Il Napoli qualcuno ne ha. E indossa la 10 in azzurro. «Insigne sta facendo una grande stagione e poi sono contento che, sia pure faticosamente, sulla questione del rinnovo del contratto che pure deve avere un peso nei suoi pensieri, ha scelto la strada della riservatezza. Certo, qualche parola scappa ma poi mi pare che il suo migliore alleato sia Luciano Spalletti che disinnesca tutti gli ordigni che di tanto in tanto minacciano la serenità della squadra».
Primo posto e in solitudine. «Inter, Milan e Atalanta sono con il Napoli le quattro che lotteranno fino alla fine per lo scudetto. In questa stagione non c’è un ammazzacampionato e questo significa che ci sarà una bella volata. In cui l’ambiente di Napoli ha bisogno di capire più degli altri un passaggio chiave».
Quale? «Che non si vince a punteggio pieno. Sembra una battuta, ma non è possibile vedere queste tragedie ogni volta che c’è una frenata della squadra. Vero, tutto il mondo è paese, non è che altrove non avvenga lo stesso. Ma come tutte le volate, basta arrivare un punto avanti agli altri. Non è una corsa a conquistare 100 punti. Anche perché non conosco squadre che hanno vinto titoli vincendo tutte le partite».
Dopo la sconfitta con l’Inter le critiche sono state severe? «E poco costruttive. Un conto sono le analisi, un conto i giudizi. Così come c’è troppo entusiasmo per il 4-0 alla Lazio: con il Sassuolo è un altro test importante, ma non è una catastrofe se non dovesse riuscire a vincere».
Dionisi contro Spalletti. «Il Sassuolo non ama chiudersi e ripartire ma rischia di doversi aggrappare a questo contro il possesso del Napoli, contro quella possente armata che ha là davanti. Ecco: massima attenzione perché in contropiede Berardi e gli altri possono fare molto male».
Domenica è ritornato a risplendere anche Mertens? «Non sono mai stato preoccupato dall’infortunio di Osimhen. Francamente non so quante in Europa possano permettersi di avere uno come lui in panchina. Dicono falso nove ma tanto falso non mi pare che lo sia, visto i gol che fa. Una grande squadra sa giocare per il suo centravanti e viceversa».
Cosa ha lasciato De Zerbi? «La mentalità. Si può fare qualcosa di importante anche se non sei in una piazza che ti dà pressione, anche se i tifosi vengono in bici a vedere gli allenamenti e magari dopo puoi anche incontrarli al bar. Il calcio italiano dovrebbe andare a lezioni da quelle parti».
Koulibaly praticamente prese il suo posto in difesa? «Beh, arrivò qualche tempo dopo. Ed è bello goderselo con la maglia azzurra perché davvero impressiona per potenza fisica, eleganza, determinazione».
Ha mai perdonato Benitez per il suo addio al Napoli? «Lì per lì ce l’ho avuta con lui. Ma poi ho capito: era finito un ciclo, fai fatica ad ammettere che è il momento giusto per lasciare la squadra del tuo cuore e della tua vita, ma la mia non fu l’unica partenza: il Napoli si stava rigenerando, stava cambiando tutto. Dovevo andare via anche io, era la cosa più giusta. Per il Napoli e per me».
Lo scudetto? «È un sogno. C’è un equilibrio pazzesco, è un campionato divertente dove poi con il girone di ritorno ci sarà tutta un’altra musica. Perché pure le ultime inizieranno a fare punti ovunque e gli equilibri cambieranno. Ma sono certo che il Napoli resterà sempre lì, a combattere con le altre».
Fonte: P. Taormina (Il Mattino)