Ora dicono: Diego è di tutti. No, non è mai stato così. Era di Napoli, del Napoli e della sua Argentina. E quindi è giusto che la sua statua sia qui, nello stadio che porta il suo nome, nella città che non ha mai smesso di considerarlo un idolo, neppure quando è finito all’inferno. Ha ragione Corrado Ferlaino a ricordarlo, con la sua faccia tosta: «Qualche nemico lo avevamo noi e Diego». C’è Gianni Infantino, il numero uno di quella Fifa che secondo Maradona mise una pietra tombale alla sua carriera, con quel controllo antidoping a Usa 1994. È una emozione senza fine questa cerimonia, forse la cosa più toccante che si è vista qui dai tempi dei due scudetti vinti. Le note delle canzoni del Pibe, le immagini che scorrono dei gol con la maglia numero 10 e in sottofondo il coro: «Olè olé olé Olé, Diego Diego». De Laurentiis ha fatto da cerimoniere a questo evento che porta la regia di Stefano Ceci, l’amico-manager che ha donato la statua che alle 19,40 viene mostrata al pubblico dello stadio. Sullo schermo gigante il grande lavoro che c’è dietro, con il calco preso dal piede e dalla mano di Maradona, steso su un divano di Dubai nel 2017. Fonte: Il Mattino