Salvatore Esposito, il “duro” di Gomorra, quando parla di Maradona non nasconde la sua emozione:
«Diego non era solo un campione, ma anche un’icona. Un simbolo di riscatto per l’intera città. Ecco perché qua sarà amato per sempre». È sua la voce narrante della versione italiana di “Gli ultimi giorni di Maradona”, il podcast di Spotify che oggi sarà lanciato in sei mercati diversi a un anno dalla sua scomparsa.
Esposito, com’è nata l’idea di lei narratore della storia di Maradona in questo podcast? «Gli amici di Spotify cercavano un ragazzo di Napoli e sapevano che Diego era ed è il mio idolo. Appena me lo hanno chiesto, ho accettato senza battere ciglio».
Chi era per lei Maradona? «Era tanto… Di certo non un semplice calciatore. Ci ha fatto sentire di nuovo grandi dopo anni difficili. Nel calcio e non solo».
Per questo il suo mito resiste al passare del tempo. «Pochi hanno fatto per Napoli quello che ha fatto lui. Per noi il suo ricordo sarà indelebile: rimarrà come uno di famiglia, un campione venuto per riportarci in alto».
Giusto aver intitolato a lui lo stadio di Napoli? «Assolutamente sì. Senza nulla togliere al buon San Paolo, Maradona è stato e resterà un idolo, uno che ha dato tanto alla città. Un altro così nascerà tra tanti tanti anni».
Il paragone tra Messi e Maradona, dunque, non regge? «Assolutamente no. Maradona era un’altra cosa rispetto a Messi. Ha vinto un Mondiale e due scudetti quasi da solo perché era un leader che tirava fuori il meglio dai compagni. Non bastano le doti tecniche per essere una leggenda come Diego».
Se ripensa alla sua storia, qual è la prima cosa che ricorda? «L’immagine di quel bambino di nove anni che dice di avere due sogni: giocare un Mondiale e vincerlo. Li ha realizzati entrambi».
Il Napoli attuale è da scudetto? «Ci hanno messo gli occhi addosso… e subito abbiamo perso (ride, ndr). Inter e Milan hanno qualcosa in più come organico, ma credo che il campionato sarà avvincente fino alla fine».
Non ha risposto… «Io allo scudetto credo, ma per scaramanzia non lo dico».
Teme più l’Inter o il Milan? «Sono entrambe forti, ma il Milan con Ibra mi sembra più pericoloso. I rossoneri finora hanno vinto anche quando erano in emergenza. Guai a sottovalutarli».
Il ko di San Siro come lo spiega? «L’Inter ha giocato bene e noi abbiamo commesso troppi errori, ma se Mario Rui o Mertens nel finale avessero segnato…».
È preoccupato per le assenze di gennaio degli africani? «Un po’ sì, però ha ragione Spalletti quando dice che non bisogna lamentarsi sennò si creano alibi».
Alibi a parte, l’infortunio di Osimhen è pesante. «Sì, perché il gioco era impostato sulla sua velocità e sui suoi gol. Speriamo che Petagna lo sostituisca degnamente e che a gennaio dal mercato arrivi un rinforzo».
Che consiglio dà a Insigne che non ha ancora rinnovato? «È un figlio di Napoli, ma nel lavoro ognuno deve fare il meglio per sé. Spero che resti perché è il capitano e uno di noi. Questa fase di impasse non aiuta né lui né l’ambiente».
Spalletti le piace? «Sì, è un allenatore da campo e crea la giusta mentalità».
Tra gli azzurri chi porterebbe a recitare con lei in una serie tv? «Con uno scugnizzo come Insigne farei una bella coppia».
Andrea Ramazzotti (Cds)