La prima telefonata, al risveglio dopo l’anestesia totale, è stata di Aurelio De Laurentiis. C’era il medico del club Canonico, al suo fianco, all’ultimo piano della clinica napoletana Ruesch dove ieri mattina è stato sottoposto all’intervento chirurgico per la riduzione delle fratture dello zigomo e dell’orbita. Tre ore e venti minuti sotto i ferri. Un tempo lunghissimo. Perché non è stata una operazione banale. «La complicanza maggiore è stata quello dello schiacciamento dell’orbita. Non ha avuto solo una dislocazione, ha avuto un esotrauma. L’osso malare si è pluri-frammentato. Avrà avuto una ventina di fratture, Osimhen è finito come sotto una pressa. La cavità oculare si è stretta. L’occhio è uscito dall’orbita, andiamo con i piedi di piombo», è il racconto choc del chirurgo maxillo-facciale che lo ha operato Gianpaolo Tartaro. Una situazione drammatica, per sistemare Osimhen sono stati necessari una ventina di viti e sei placche. E alla fine davvero è andata bene al nigeriano perché la collisione, quella con la nuca di Skriniar, ha rischiato di fare danni grossissimi all’occhio dell’attaccante. Osimhen ha rischiato seri e duraturi danni alla vista. Due giorni di preoccupazione. Ora tutto è scongiurato. Alla fine di questo calvario, tutto tornerà come prima per mister sfortuna. E poi c’è un aneddoto che ha voluto raccontare solo ai compagni che lo hanno chiamato: aveva capito, sul prato di San Siro, che l’incidente era grave. Ma aveva deciso di non uscire in barella ma con le sue gambe per non far preoccupare i suoi familiari e gli amici che erano a casa e che guardavano la partita in tv. P. Taormina (Il Mattino)