È stato Maradona, e lo sarà per sempre: lo è stato in quei sette anni pieni di lui, della sua allegria contagiosa, del suo talento ineguagliabile; lo è stato in questo anno senza di lui e però sempre con lui al fianco, nei pensieri spettinati dal dolore; lo sarà per sempre, in quello stadio
Maradona torna nel giardino di casa sua, in realtà non se ne è mai staccato – mai dalla gente – e ci rimarrà per l’eternità, nella mimica del corpo che gli appartiene, nelle movenze riprodotto da quel monumento – è una statua, ma sa di altro – che gli è stato dedicato e che domenica prossima farà il suo ingresso a Fuorigrotta, tra gli occhi sbarrati dei compagni che per sette anni gli sono stati al fianco, sotto lo sguardo di Infantino e Ceferin, di Gravina e Dal Pino, soprattutto tra le lacrime di quella Napoli che non ha mai smesso di piangerlo. Stefano Ceci, un amico mica un manager, ha voluto che Diego rimanesse nel proprio stadio ed ha affidato a
Il Diego che si stabilirà nel «Maradona» ha la postura elegante con cui segnò al Belgio, nella semifinale mondiale dell’86, ovviamente è padrone del pallone con il suo sinistro e chiaramente ha la maglia numero 10 sulle spalle. «Un mito che non conosce il tempo», sussurra De Laurentiis. «L’uomo che ha dimostrato come sia possibile vincere anche a Napoli», ammette Manfredi. E insieme, sindaco e presidente, pensano al Museo: «Che viva per sette giorni su sette, a disposizione anche dei numerosi turisti».
Ci sarà un’altra statua per Diego, l’ha realizzata Domenico Sepe, verrà svelata giovedì e poi cercherà un posto in giro in città. Ma casa sua è lì, dove nacque il sogno, dove s’avverte sempre una fitta al cuore. A. Giordano (Cds)