Il pensiero di Mimmo Carratelli sul CorrSport:
“L ’ impressione è che Kalidou Koulibaly, aspetto massiccio e cuore tenero, sia diventato napoletano quest’anno. Diventano napoletani molti calciatori che vengono a giocare nel golfo azzurro. Accadde a Pesaola, con Maradona il più napoletano degli argentini, ed è poi accaduto a Vinicio, nonostante le difficoltà fonetiche del brasiliano per aderire completamente alla nostra essenza vesuviana, per non parlare di Cané, che acquisì presto un perfetto slang di Forcella, e, oggi, Mertens, lo scugnizzo più noto di Palazzo Donn’Anna.
Kalidou, da otto anni in maglia azzurra, ha avuto sempre una sua personalità africana, staccata dall’ammuina partenopea, un orgoglio senegalese misto a un carattere di guerriero austero. Non so se questo sia dipeso dalla assoluta concentrazione negli anni di apprendimento e maturazione che l’hanno portato ad essere uno dei migliori difensori europei.
Quando Kalidou ha “pulito” il suo gioco, liberandolo dalle esitazioni e dagli errori, si è aperto alla città che lo aveva eletto a suo beniamino già dai primi tempi per quella faccia di bambino su una quercia d’uomo. Potendo offrire il meglio di sé, Koulibaly si è “aperto” perché poteva donare qualcosa di importante a una città che l’aveva accolto come Napoli sa accogliere, con una tenerezza particolare per il colore della pelle abbracciando chi si sente escluso, Napoli dove il razzismo non è mai esistito, essa stessa semmai vittima di un ben noto razzismo.
Il silenzioso Koulibaly ora parla e concede una lunga intervista. L’austero Koulibay si commuove vedendo allo stadio i tifosi con la maschera delle sue sembianze, “siamo tutti Koulibaly”, tre anni fa il segno tangibile e spettacolare della solidarietà contro i “buuu” che ancora lo bersagliano.
È anche vero che, dopo le estati in cui ha pensato di giocare altrove e il Napoli di cederlo per fare cassa, l’assoluta conferma in azzurro da giocatore indispensabile ha fissato il destino definitivo di Kalidou Koulibaly tra Posillipo e Castelvolturno.
Si è concesso di definire Spalletti “cowboy”, ma con molto rispetto, perché la natura di Koulibaly rimane la stessa, la sua estrema serietà d’uomo. È come quando definivano Juliano “un napoletano bianco”, cioè estraneo agli stereotipi partenopei. Koulibaly può ricordare la personalità di Antonio Juliano. Dedizione assoluta alla maglia azzurra, quest’anno come mai prima, ma niente pizza e mandolino. È la sua grande personalità africana, il suo vanto, la sua bandiera, il legame forte con le sue origini, l’Africa, la madre-terra. Però con un sorriso nuovo per Napoli”.
Fonte: CdS