Otto anni, cominciando dinnanzi ai bicchieri che Rafa Benitez gli sistemò sul tavolo, in sala pranzo, cinque minuti dopo il suo arrivo: «Mi faceva vedere i movimenti da fare: con lui è stato bellissimo, mi ha fatto crescere tanto».
E crescendo, crescendo, mister 108 milioni di sterline, ha lasciato che il Manchester United restasse una “follia” del mercato, per starsene in una Napoli della quale è diventato il leader. «Siamo un bel gruppo, quando sento parlare altri giocatori delle loro squadre capisco che con il Napoli non c’è paragone. Ghoulam è mio fratello, con lui andiamo negli ospedali, a Scampia, dagli studenti. Sono legato a Jorginho, mio primo compagno di stanza e il primo a insegnarmi un po’ di italiano. E Lorenzino è la storia del Napoli, al quale voglio bene perché è pure un grande uomo».
Si gioca e Inter-Napoli diventa narrazione calcistica e pure un ponte sul futuro: «Spalletti ci ha fatto scattare qualcosa in testa. Ha avuto l’umiltà di sottolineare la bontà del lavoro di Gattuso e ci ha messo qualcosa di suo. Lo chiamo il mio papà e i miei compagni, scherzando, dicono che tutti gli allenatori lo sono stati, perché mi hanno fatto giocare sempre. Se fossi il regista di un film western, al mister, a Spalletti farei fare il cowboy». Per riportare l’educazione negli stadi, potrebbe essere un’idea.
Fonte: A. Giordano (CdS)