Ultimo Pallone d’Oro, Cannavaro: il rigore di Jorginho, gli spareggi, i play-off

Difficile isolare i tanti tasselli del puzzle che condannano i campioni d’Europa a un inverno pieno di fantasmi. Fabio Cannavaro, l’eroe di Berlino, il capitano che ha alzato la Coppa del Mondo nel 2006 conquistando anche il Pallone d’Oro sa da dove ricominciare.

«C’è stata troppa riconoscenza. Mancini ha pensato che chi lo aveva aiutato a vincere a Wembley, lo avrebbe potuto aiutare anche in questa fase a superare questo turno. È una cosa umana. Lo stesso errore che fu fatto nel 2010, in Sudafrica, quando l’Italia avrebbe dovuto voltare pagina ma non lo fece, per rispetto di chi aveva vinto il mondiale quattro anni prima».

Cannavaro, la gloria non porta vittorie dunque?
«No, però pure questo è un mondo dove tutti dimenticano alla velocità della luce. Sono passati quattro mesi dal successo all’Europeo e quegli stessi ragazzi osannati per il gioco e la personalità, adesso vengono calpestati. Ovvio, finire dietro alla Svizzera fa male, però non bisogna farne un dramma».

Un alibi possono essere gli infortuni?
«Certo che lo sono, troppe assenze. È un attenuante importante, anche perché mancavano uomini fondamentali per esaltare l’idea di gioco di Mancini. Ma è chiaro che qualcosa non ha funzionato, come per esempio puntare su Insigne in quel ruolo. Il ct poteva trovare qualche altra soluzione ma anche lui non lo ha interpretato nella maniera giusta. Però non ha senso fare processi all’italiana, andare a caccia del colpevole ogni volta. Non eravamo fenomeni a luglio, non siamo dei brocchi adesso».

I playoff fanno venire i brividi, però.
«Abbiamo una caratteristica. Quando tocchiamo il fondo sappiamo come pochi altri riuscire a trovare le forze per rialzarci. Siamo stati mortificati dalla Svezia nel 2018 e da quella delusione è nata la forza morale che ci ha portato a vincere l’Europeo. Ora usciamo a pezzi da questo girone di qualificazione, è un secondo posto che brucia e fa male, ma siamo pronti a risalire, a rialzare la testa e ad arrivare in Qatar lo stesso».

Immobile dice di essere preoccupato.
«Lo sarei anche io ma se si giocasse ora. Perché ho visto una Nazionale spenta, senza furore, depressa. Ecco, ci fossero oggi gli spareggi per andare al Mondiale sarei pessimista. Ma si torna in campo a marzo e tutto può cambiare. Però, Mancini metta da parte quell’umano senso di gratitudine per chi ha consentito all’Italia di vincere l’Europeo. Può sembrare ingiusto ma non lo è: se c’è chi sta meglio, deve andare in campo».

Lei su chi punterebbe?
«Ovviamente, un allenatore prende le decisioni nella quotidianità delle cose che vede. Quindi, io parlo dall’esterno: e l’Italia deve dare fiducia a Scamacca, le cui attitudini fisiche sarebbero state perfette anche per scardinare la difesa dell’Irlanda del Nord l’altra sera. Anche se il prezzo da pagare è l’esclusione di qualcuno che ha vinto l’Europeo e a cui si è, quindi, affezionati».

Insomma, dopo appena quattro mesi è già arrivato il tempo di voltare pagina?
«È così. Il rigore sbagliato da Jorginho con la Svizzera ha condizionato ogni cosa. Aver gettato al vento la qualificazione in pugno è stata una mazzata terribile: non ha messo ko solo chi ha sbagliato, ma tutti. Andare a Belfast sapendo che non solo dovevi vincere ma anche facendo due o tre gol non ci ha aiutato. E così ne è uscita fuori una prova negativa». 

Anche lei teme i playoff?
«Ci siamo scottati, è stato terribile non arrivare in Russia. La paura c’è, è legittima, un altro flop sarebbe terrificante per tutti. Ma se arrivi alle sfide di marzo pensando che se perdi sarà un disastro, sarà una specie di condanna a morte. Devi arrivare lì recuperando la verve smarrita e sperando che i vari campionati ti consegnino Verratti, Chiellini, Zaniolo, Insigne, Spinazzola in condizioni stupende».

Anche voi campioni del mondo, nel 2006, dopo il trionfo di Berlino avete avuto una pausa. Perché succede questo?
«Sì, un pareggio con la Lituania e poi la sconfitta con la Francia in pochi giorni. Perché ti ritrovi tutto d’un tratto a tornare a giocare delle partite normali, dopo aver assaporato le sensazioni di gare con l’adrenalina a mille. Non è più un quarto di finale, una semifinale o una finale e non l’affronti come dovresti. O meglio senza quella carica che ti dà una gara di un Mondiale. Torni normale, sei la squadra da battere, tutti vogliono fare bella figura… e la brutta figura la fai tu».

Novembre non è un mese perfetto per l’Italia?
«Lo dicevo anche io l’altra sera all’Olimpico, dopo il pari con la Svizzera. È stato sempre un mese critico, sempre qualche schiaffone abbiamo rimediato. Per questo dico, che sia pure delusi, dobbiamo mantenere la consapevolezza che siamo forti, perché la gente dimentica troppo in fretta ogni cosa».

Cannavaro, da allenatore, lei un altro rigore a Jorginho lo farebbe tirare?
«Certo. E se non lo volesse fare lo costringerei. Ma non è che poiché uno ne sbaglia di importanti poi non ne deve tirare più. Anzi, mica devo fare io l’elenco dei grandi campioni che dal dischetto hanno fallito…».

Diciamo che lei è candidato a restare ancora l’ultimo italiano ad aver vinto il Pallone d’Oro.
«Ma non perché Jorginho ha sbagliato due rigori con la Svizzera. Anche perché la decisione di chi assegnare il trofeo è già stata presa da almeno un mese. Se fosse per me lo darei a Messi, quest’anno più di sempre. Anche perché si presenta qui anche con la Coppa America vinta con l’Argentina».

Chi vuole evitare a marzo negli spareggi?
«La Svezia per prima cosa. Con o senza Ibrahimovic, ma proprio per tutto quell’insieme di terribili ricordi che si porta dietro. Poi, ovvio, giocarsi il Mondiale contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo non sarebbe il massimo della fortuna. Ma si sa: noi la fortuna ce la siamo giocata tutta all’ultimo Europeo, con quelle vittorie mozzafiato ai calci di rigore». 

A voi, nel 2006, cosa scattò che vi fece rialzare la testa?
«Capimmo rapidamente che o rientravamo nell’orbita oppure avremmo rimediato figuracce ovunque. E da campioni del mondo l’idea non era piacevole. Ora ci sono un bel po’ di mesi per recuperare la fiducia, per mettere da parte la delusione di una qualificazione che era in pugno a settembre e che si è volatilizzata. Siamo italiani, diamo il meglio di noi dopo che abbiamo toccato il fondo e lo abbiamo nuovamente toccato. Perché finire secondi dietro alla Svizzera, in questo girone, è una pagina triste. Ma Mancini saprà cosa fare per raddrizzare la barca e al Mondiale ci andremo anche noi. E magari lo vinciamo pure, proprio come ha detto il nostro ct. D’altronde, Belgio e Inghilterra storicamente dominano le qualificazioni ma poi nelle fasi finali si smarriscono, noi magari soffriamo ma quando arrivano Mondiali ed Europei ci trasformiamo. Questione di dna».

P. Taormina. Fonte: Il Mattino

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