Forse Mancini e Insigne sono l’arco e la freccia, forse Insigne e Mancini sono la corda e l’impiccato. Un’unica storia, inseparabili, poi vada come vada. Una cosa sola. Tra il ct e il suo campione del Napoli e tutti gli altri sembra che ci sia quasi un abisso. Un’investitura pubblica: prendi l’Italia e vai. E al centro del gioco dell’Italia deve esserci Insigne. Deve esserci, ci sarà. Dove? Ecco, questo magari sarà chiaro solo al momento del fischio di inizio, questa sera, in questo lunedì in cui l’Italia conoscerà il suo destino. Falso nove, come appare più probabile, con Chiesa e Berardi ai due lati, oppure sulla tradizionale corsia di sinistra. Da qui non si scappa: sono gli altri che dovranno fare i conti con il turnover e con i dubbi, ma Insigne a Belfast di sarà. Se non ci fosse stata quella malefica manona di Sommer, Lorenzo Insigne avrebbe già mostrato quel cuoricino con le dita che è il suo modo di festeggiare ogni suo gol. In questa nostra strana Nazionale campione d’Europa, il dieci appartiene a lui, ed è lui ad avere la dignità di portarlo: e stasera accadrà. Però il dieci non è sempre sicuro del posto: deve stare benissimo, altrimenti la squadra deve reggere anche il suo peso. Con la Svizzera ha deluso, ora deve riscattarsi. Lui è uno di quelli che non avrà altre occasioni, non ci sarà per molti la possibilità di riprovarci nel 2026: se dopo la Russia, dovesse saltare anche il Qatar, per Insigne non ci sarebbe altre occasioni di giocare un Mondiale. E quello del Brasile sarebbe l’unico. Perché a 35 anni improbabile che ci sia un ct che punti ancora su di lui. Poi tutto è possibile. In Irlanda non si è portato dietro i dubbi sul contratto che non ha, le proposte della Mls, le polemiche del suo agente e i pensieri del suo presidente: ha una missione, vuole vincere per portare l’Italia al Mondiale. E poiché non basta vincere per non essere beffati, serve anche fare un bel po’ di gol. Al Windsor Park, 63 anni fa, l’Italia venne condannata dall’Irlanda del Nord a guardare il Mondiale svedese davanti alla tv. Figurarsi: neppure Carmine, il papà di Lorenzo, era nato in quel tempo. Mancini punta sul 10. Magari non proprio tutto. Ieri Mancini ripeteva che scioglierà tutti i dubbi solo a poche ore dalla partita, quindi non è da escludere un ripensamento. Ma nella gara della verità improbabile che punti dall’inizio su Scamacca o Raspadori. Sarebbe ingiusto per chi ha trascinato la carretta. Potrebbe anche essere lui a calciare i rigori al posto di Jorginho. Pure a Mancini ha detto che è pronto a farlo. Un altro segnale della sua leadership in questa Nazionale. Nel caso, a prendere il posto dell’italo-brasiliano, il capitano del Napoli ha detto di essere pronto. O lui o Berardi. Peraltro, il talento di Frattamaggiore si è già rialzato dopo gli errori con il Napoli: ha ripreso il pallone e lo ha piazzato ogni volta sul dischetto. Se serve lui c’è. Come c’è Elmas. Che oggi rientra a Napoli ma dopo aver trascinato la Macedonia del Nord allo storico playoff per il Mondiale. Grazie alla sua doppietta nel 3-1 contro l’Islanda, i macedoni si confermano secondi davanti alla Romania (2-0 in Liechtenstein). E l’eroe di serata è stato Elmas. P. Taormina (Il Mattino) Grafico (Il Mattino)