Santiago Zabala, 46 anni, spagnolo, professore di filosofia contemporanea presso l’università Pompeu Fabra a Barcellona, conosce bene Napoli e la passione per il Napoli grazie ai suoi viaggi e ai rapporti con amici napoletani, come Luca Ferlaino, figlio del presidente degli scudetti, e Michele Scardaccione. Ha pubblicato con altri cinque autori il libro Fenomenologia di Maradona (Edizioni Altamarea).
Perché Diego attira l’interesse di un filosofo?
«Il libro ha origine da un articolo scritto con il giornalista napoletano Antonio Moschella per Al-Jazeera dopo la morte di Maradona. Abbiamo coinvolto autori inglesi, argentini e spagnoli per avere prospettive diverse. Diego mi interessa da filosofo perché essere il più grande calciatore era solo un aspetto, quello sportivo, mentre lui è molto di più, essendo diventato un’icona sociale e politica, ambasciatore di un messaggio di resistenza e ribellione. Filosoficamente, cioè esistenzialmente, non si può ignorare Maradona».
Lei scrive che era un simbolo della sinistra di tutto il mondo: lo è ancora e perché?
«Credo che lo sia ancora anche perché non è che ci siano ancora tanti simboli a sinistra. Forse l’unico oggi è Papa Francesco. Diego, così come Bergoglio, è stato un simbolo di sinistra ma non della sinistra. Giocare nel Napoli e allenare il Gimnasia La Plata rappresentano scelte politiche più che sportive. L’idea è sempre stata quella di decidere di stare dalla parte della gente, mai dei potenti».
Qual è il prezzo che Maradona ha pagato per i suoi comportamenti e le sue idee?
«Il primo prezzo è quello della dipendenza dalla droga. Alla fine perché si drogava? Probabilmente, come dice Galeano, per nascondersi e sopportare la pressione mediatica che aveva intorno. Oggi i giocatori sono più controllati e gestiti. Ha pagato un secondo prezzo per la sua ammirazione per Castro, Lula, e Chavez. Quando uno elogia Che Guevara o dichiara che Bush è un criminale di guerra non bisogna sorprendersi che i media ti denigrino ricordando sempre la tua dipendenza, per esempio».
Cosa rappresentò Diego per il Napoli e Napoli?
«Il riscatto rispetto a un Nord che continua ancora oggi a ignorare non solo questa città, ma anche il Sud in generale. Quando la politica non ci ascolta lo sport può diventare l’unica forma per farsi vedere, sentire e magari anche semplicemente riconoscere».
Come va giudicato l’uomo Maradona per i suoi evidenti e riconosciuti errori?
«Nella stessa forma in cui vanno giudicati John Lennon, Ezra Pound, e Martin Heidegger per i loro errori. Se, come diceva quest’ultimo, chi grandemente pensa, deve grandemente sbagliare, allora anche Maradona, il piu grande, poteva sbagliare più di altri. Se iniziamo a giudicare tutti i grandi per i loro errori finiremo senza musica, poesia e filosofia».
Perché Napoli ancora lo ama?
«Perché Napoli è ancora una città aperta, libera, del Sud. Una città che continua a resistere a certe logiche dello stato che altre città devono subire. L’Argentina, come Napoli, è al Sud. Anche per questo Maradona si sentiva a casa qui. Sono sicuro che pure Messi si troverebbe bene, ma non credo che gli lascerebbero prendere una decisione cosi politica, anzi esistenziale». F. De Luca (Il Mattino)