Abbagnale: “Giampiero era uno di noi, la sua voce portava in barca gli spettatori”

Il telefono squilla in continuazione. Zapping tra radio e televisione. Giuseppe Abbagnale, ora presidente della Federazione Canottaggio, lo ritrovi un po’ dappertutto a raccontare cosa sia diventato il canottaggio grazie alle imprese dei Fratelli Abbagnale ed alla voce di Giampiero Galeazzi. «Andiamo a vincere». E loro andavano a vincere.
Si vinceva insieme? «Giampiero era riuscito a portare in barca gli spettatori. Con la sua voce si era creato un connubio tra noi e le persone che ci guardavano in tv».
Come vi siete conosciuti? «Ero passato da poco senior e lui aveva cominciato da poco le telecronache del canottaggio».
E poi? «E poi siamo diventati amici. La telecronaca più iconica quella del 1988 a Seul, ma sarebbe riduttivo parlare di lui solo del canottaggio. Giampiero era anche tennis, canoa, calcio».
Quanto ha influito l’essere canottiere nelle sue telecronache? «Tanto. Perché era uno di noi. Sapeva cosa stavamo provando e soprattutto lo sapeva trasmettere».
È nata una grande amicizia nel nome del canottaggio. «A tavola gli sfottò erano tantissimi. Noi sminuivamo il suo essere canottiere e lui sminuiva il valore dei nostri avversari dicendo che le nostre vittorie erano semplici. E proprio a tavola dava il meglio di sé».
Se lo aspettava? «No, eravamo stati con la figlia (Susanna, giornalista del Tg5, ndr) pochi giorni fa, ad una gara sul Tevere tra i circoli romani, ci aveva detto che si stava riprendendo, eravamo felici, speravo di riabbracciarlo presto. Questa notizia arriva come un fulmine a ciel sereno».
Ora la Federazione lo onorerà «Sicuramente. Troveremo un modo per ricordarlo. Il canottaggio italiano è cresciuto anche grazie alle sue telecronache».
Gianluca Agata
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