Ha compiuto 68 anni la scorsa settimana, è il decano della serie A. Aurelio Andreazzoli ne ha fatta di strada, come quando va in bicicletta e macina chilometri. Oggi guida l’Empoli rivelazione, che veleggia a metà classifica, giocando un bel calcio e facendo divertire. Si è tolto qualche soddisfazione battendo le grandi e alla ripresa del campionato, nel posticipo di lunedì, si giocherà lo spareggio con il Verona per stare nella parte sinistra o destra della classifica.
Andreazzoli, qual è il segreto dell’Empoli?«Sono me stesso, profilo basso, più di 15 anni di panchine in serie A e non li sento. Ci siamo tolti qualche bella soddisfazione, siamo contenti, abbiamo la consapevolezza di giocare un campionato estremamente difficile, tutto quello che ti sembra positivo può cambiare in un attimo. C’è da stare molto in guardia. Dice il mio presidente: nel calcio tutto quello che è oro diventa cartone subito dopo».
Ha sempre valorizzato i giovani e continua a farlo anche all’Empoli.«Ricci, Asllani, un 2002 che ha già 4 presenze in serie A, Viti, che sta giocando titolare, poi abbiamo Balsanti, un ragazzo di interesse. Bajrami è un altro giovane di valore. Ce ne sono di ragazzi bravi, è la cantera dell’Empoli che si mette in mostra, a noi il compito di farli maturare e scegliere i tempi giusti e le opportunità per dargli spazio. L’Empoli si basa su questo e sul riciclare e rivitalizzare qualche giocatore che ultimamente non ha avuto molto spazio».
Alla ripresa il Verona, poi il derby toscano con la Fiorentina.«Bella squadra la Fiorentina, molto merito ce l’ha Italiano, ha cambiato parecchio nel modo di essere, nell’interpretazione della gara. Fa un calcio che mi piace, che risponde ai canoni ai quali ci rivolgiamo anche noi, cercando nel nostro piccolo di avere una mentalità che ci permetta di ridurre quelle differenze tecniche che sono impareggiabili con le squadre di vertice. Come noi Spezia, Verona, Torino, Venezia, parlo delle formazioni che hanno dimostrato di avere qualche qualità. Non è questione di target ma di mentalità, con la voglia di trasmettere ai giocatori la possibilità di giocarsela alla pari. La mentalità, il modo di stare in campo non deve essere quello di una squadra che pensa solo a salvarsi, ma che vuole imporsi, che cerca di tirar fuori tutto quello che ha. Poi se uno è più attrezzato come Torino e Fiorentina è più facile esprimersi».
È un campionato senza padroni, è tutto da scrivere, in testa e in coda.«Finalmente un campionato molto equilibrato, gli ultimi anni ci avevano abituato male. Parlo per la vetta della classifica. Poi c’è la parte bassa che è una serie B élite, nella quale ognuno di noi cerca di ritagliarsi un posto. E’ un campionato diviso in due».
Chi lo vince lo scudetto?«Lo scudetto lo vincerà Spalleti. Glielo auguro di cuore, faccio il tifo per lui».
Quindi vi siete lasciati bene dopo tanti anni di collaborazione.«Certo. Ci siamo visti di recente in un ristorante a Empoli. Lui lavora a Napoli, io a casa sua, il rapporto è di massima stima, di conoscenza profonda, è stato un lungo perido di collaborazione, nata da un suo desiderio».
Sorpreso del primo posto con il Napoli?«No, ma i risultati sono stupefacenti. Le vince tutte, forse nemmeno lui poteva immaginarlo. Che potesse far bene non avevo dubbi. Ero sicuro che potesse essere l’ambiente giusto per lui, ma ovunque ha lavorato ha sempre fatto bene, ma fare così bene e giocando a questi livelli non potevo immaginarlo».
A Roma oltre quindici anni, uno dei pochi sopravissuti al cambio di proprietà. Collaboratore tecnico con Spalletti, poi allenatore al posto di Zeman, infine ancora prezioso assistente tecnico.«Sono stati tanti anni indimenticabili, in quel periodo ho fatto conoscenze importanti, tanti allenatori, non li cito perché se dimentico qualcuno si offende. Ho vissuto in un ambiente in cui ho lasciato tanti amici, alcuni fraterni. Dal 2005 al 2017, una parte importante della mia vita. Ho quasi sempre abitato a Trigoria in rare occasioni ho avuto casa all’Eur. Ho sempre vissuto dentro il centro sportivo, era quello la mia casa. Ho partecipato alla ristrutturazione, ai disastri lasciati dal fiume quando tracimò».
In questo percorso di allenatore chi le ha dato di più? «Ne ho incontrati tanti di allenatori importanti: Fascetti, Lippi, Orrico, poi Luciano. Poi quelli conosciuti alla Roma. E’ normale che il confronto lo fai sempre, quello che ti piace lo raccogli, lasci quello che non ti piace. E’ stato utile per avere un bagaglio di conoscenze che tenti di sfruttare al meglio».
Totti e Spalletti: una storia finita male. «Sono dispiaciuto, senza entrare nei particolari, che non mi riguardano. Da amico di tutti e due sono dispiaciuto, perché loro insieme sono stati una bomba. Spero che il tempo possa mettere a posto le cose e possa esserci la possibilità di riprendere quella storia insieme».
A cura di Guido D’Ubaldo (CdS)