Lui ha scoperto Diego all’epoca dell’Argentinos e i due si sono adorati fino all’adios, sino alla fine, e ora la sua immagine campeggerà al fianco di quella di Maradona e di altri immortali dell’epopea del Napoli chissà per quanto tempo. Magari per sempre: Gianni Di Marzio, scugnizzo di Mergellina di 81 anni che ha lasciato le impronte di mani e cervello lungo il boulevard del pallone, è l’ultimo eroe stilizzato sui murales che rendono unica la fermata della stazione Mostra-Maradona della ferrovia Cumana, a due passi dallo stadio.
«Sono particolarmente orgoglioso. Non ci speravo».
Firmato: il primo uomo che ingaggiò Maradona per il Napoli.
L’OMAGGIO
E allora, Gianni e il Diego come una specie di quadro dell’anima: «La galleria sulla storia del Calcio Napoli realizzata nella stazione EAV Mostra si completa con un altro protagonista: Gianni Di Marzio, amato allenatore dal 1977 al 1979», si legge nel comunicato. Segmento artistico-calcistico: dal 1969 al 1984, l’anno dell’arrivo di Maradona. Quello ufficiale: nel 1978, in occasione di uno dei suoi innumerevoli viaggi in Argentina a caccia di talenti, Di Marzio gli fece già firmare un’opzione a favore del club azzurro per 270mila dollari dell’epoca che però cadde nel nulla. «Le frontiere erano chiuse e non riuscii a convincere Ferlaino».
CUORE IN VALIGIA
Storia. Storia vera e conosciuta da tutti a differenza di un’altra che non vorrebbe raccontare. Sì, preferirebbe tacerla: ma è un peccato seppellirla così. «Continuai comunque a seguire Diego, gli avevo promesso che non mi sarei dimenticato di lui, e anzi per aiutare la sua numerosa famiglia spedivo valigie di maglie, camicie e altri vestiti imballate con il nastro isolante dall’Italia a Villa Fiorito». Il poverissimo barrio del dipartimento di Lomas de Zamora, provincia di Buenos Aires, doveva vivevano i Maradona. Cose di uomini grandi e poi pezzi di memoria: Di Marzio ha portato il Catania e il Catanzaro in A, il Cosenza in B e ha anche vinto due Seminatori d’oro (ora Panchina d’oro), ma è con il Napoli che ha fatto scintille: qualificazione Uefa e finale di Coppa Italia persa con l’Inter nella stagione 1977-1978. «Questo murale mi gratifica moltissimo: i figli di Napoli, culla di tante eccellenze, non sono mai troppo apprezzati. Dico grazie al presidente Umberto de Gregorio: sono fiero di essere rimasto nella storia calcistica della mia città e verrò presto a visitare l’opera».
OSI&LORENZO
Lui ora vive a Padova, da anni, ma il filo con i corsi e ricorsi tinti d’azzurro è continuo: nel 2015, da dirigente del QPR, provò a portare Osimhen in Premier. «Lo vidi vincere da capocannoniere il Mondiale Under 17 in Cile, ma era minorenne e il suo club di Lagos non lo lasciò partire. Se grazie a Spalletti e al suo staff continuerà a migliorare tecnicamente e nei movimenti, non esisteranno cifre per lui». Finale sul caso-Insigne: «Non capisco il braccio di ferro: è doveroso per tutti venirsi incontro e chiudere il rinnovo: la squadra lotta per lo scudetto con Inter e Milan, perché rovinare tutto?». E complimenti agli uomini mercato: «L’acquisto di Anguissa a zero è un capolavoro di Giuntoli e Micheli».
A cura di Fabio Mandarini (CdS)