A. Del giudice (CdS): “Per Insigne una scomoda verità: il valore dell’età  ha un peso specifico”

Nel suo editoriale Del Giudice ci spiega tanti perchè sulla questione Insigne e le varie sfaccettature della questione rinnovo: Con il suo stile diretto, Aurelio De Laurentiis fornisce una precisa definizione del concetto di sostenibilità, spesso sbandierato ma forse ancora poco compreso nelle sue implicazioni pratiche. «Se Insigne riterrà concluso il suo percorso a Napoli ce ne faremo una ragione, lasceremo a lui la scelta e agiremo di conseguenza». Tradotto: il club ha assegnato un valore preciso allo stipendio del suo capitano e non intende superarlo, perché il monte ingaggi di ogni azienda deve rapportarsi al fatturato e non può valicare certi livelli. L’ingaggio di un singolo poi diviene punto di riferimento per le rivendicazioni contrattuali di altri calciatori rischiando di innescare un’inflazione salariale difficile da controllare. 

Nel valutare lo stipendio da proporre a un giocatore, l’età è il fattore fondamentale perché il valore dei cartellini segue la curva biologica: cresce nei primi anni di carriera, raggiunge il picco all’approssimarsi della maturità poi decresce rapidamente per raggiungere sempre lo zero a fine carriera. Per citare un celebre esempio di Steven Szymanski, il parco calciatori somiglia a un gruppo di blocchi di ghiaccio che si sciolgono progressivamente. Tutti sanno che alla fine raggiungeranno lo stato liquido, così il segreto è venderli al momento giusto per non ritrovarsi con una vasca piena d’acqua.
Quando un club offre uno stipendio, sa che dovrà accollarsi quel costo per alcuni anni ma la cifra garantita a un giovane consente di scommettere su un valore di rivendita del cartellino dopo qualche anno se la crescita del giocatore si rivelerà positiva e se le condizioni di mercato lo consentiranno. Insomma, si può parlare di investimento. La stessa cifra a un giocatore ultratrentenne è invece un costo puro e il club sa che il cartellino varrà zero tra poco, perché il mercato è sempre più selettivo e la prevalenza di azionisti finanziari (o attenti, comunque, alla dimensione economica del business) rende meno appetibili i giocatori maturi.
Questo concetto sfugge ancora a molti tifosi, convinti che si debba fare sacrifici per atleti rappresentativi, iconici o tecnicamente forti mentre il club deve badare al valore dell’investimento. Poi ci sono alcuni procuratori che fingono di ignorare quanto è accaduto in questi anni nel calcio e pensano di monetizzare commissioni importanti promettendo ai loro assistiti un paese del Bengodi che non esiste più per tutti. Nei tredici anni di proprietà araba, il City ha investito 1,4 miliardi per acquistare 42 giocatori. Solo 3 di questi (Demichelis, Bravo e Maicon) avevano più di 27 anni per un investimento irrisorio: 26 milioni cioè il 2% del totale. L’81% dell’investimento complessivo ha interessato giocatori di età inferiore a 26 anni. Le leggende sui club spendaccioni ignorano spesso i meccanismi di selettività della spesa.
Anche sulle cifre bisogna essere realisti. Se l’Inter prolunga a cinque milioni il contratto del più forte centrocampista italiano, colonna della Nazionale campione d’Europa, devono far sorridere gli 8 milioni che sembra chiedere il procuratore di Kessie, ottimo giocatore ma forse non all’altezza di Barella. Credere di giustificare uno stipendio del 60% superiore fa pensare che certe misure si siano smarrite. Perciò fanno bene i club a non assecondare richieste assurde e anche i tifosi dovrebbero capirlo2.

Fonte: A. Del Giudice (Cds) 

 

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