Succede d’andarsene a dormire, poggiando le scarpette bullonate ai piedi del letto, e di svegliarsi e ritrovarsi poi in ciabatte: proprio mentre Legia-Napoli si stava avvicinando, mancava ormai un respiro per la partenza, Lorenzo Insigne ha sfidato il vento, ha caricato il peso del corpo sulle sue gambe e ha capito che forse per una notte ancora è giusto starsene in pantofole. «Ma a noi non manca niente».
Fa niente se andando a scorrere nella lista degli assenti, c’è una mezza dozzina di rimpianti: sfogarsi «sarebbe da sfigati» e quando stanno per mettere la palla al centro e lasciare che Legia-Varsavia cominci, Luciano Spalletti prova dialetticamente a rimuovere quella cappa di diffidenza che s’avverte nell’aria. «Siamo venuti qua per vincere, anche se qualcuno è rimasto a casa: ma non saremo indeboliti da questi problemi, abbiamo dovuto fare delle scelte e stavolta la somma delle valutazioni ci ha spinto a non rischiare. L’affaticamento al muscolo di Insigne ci ha suggerito di lasciar perdere: volendo, avrebbe potuto giocare, però c’è una gara domenica e qui ho calciatori che meritano».
E quindi, mentre il corpo sta a Varsavia, la testa va anche altrove, girellando di qua e di là per riuscire a orientarsi senza perdere l’equilibrio che Spalletti conferisce a una squadra ricca di talento: «E anche di soluzioni. Ho uomini che mi consentono di sostituire chi ha avuto più spazio e più minuti, ma sia chiara una cosa: noi all’Europa League ci teniamo e faccio fatica a capire perché non dovremmo. Sarebbe fallimentare dal punto di vista professionale se trasmettessi segnali negativi a giocatori che ho portato qua e che devono esprimere se stessi in un contesto reale. Non giochiamo partite finte».
Il vero Napoli-2 avrà l’aspetto inedito e una faccia tosta, perché in questo inverno gelido che si sta avvicinando – e che a Varsavia si percepisce – c’è da scaldarsi giocando, un giorno sì e l’altro pure, restando inchiodati alla sana ambizione che dal giovedì alla domenica concede ambizioni a ritmo frequente: c’è una squadra che in Italia se la spassa, osservando il panorama dall’alto, e che in Europa, stasera, ha la possibilità di sistemarsi in cima a una classifica che lusinga Spalletti. «Chi è rimasto a Napoli, sarebbe stato a rischio; chi sta qua e giocherà, perché alla fine, con i cinque cambi, toccherà a tutti, invece potranno far apprezzarsi. Il Napoli è forte e può essere soddisfatto di sé soltanto se vince».
NIENTE PAURA
E in una serata con qualche incognita, pur nella «rivoluzione» obbligata, sarà comunque vietato al Napoli di fare calcoli, di «arrangiarsi» attraverso atteggiamenti che non gli appartengono, che sono distanti anni luce dalla cultura di Spalletti: «E poi saranno qui a Varsavia anche oltre cinquecento tifosi, che sono importanti quanto ognuno di noi, ed è per rispetto verso chi affronta questi sacrifici, che dobbiamo tentare. In porta ci sarà Meret, ma gioca lui perché è bravo come Ospina e non perché questa sfida sia meno importante di altre. Fosse per me, manderei in campo entrambi, ma non si può. È probabile che a sinistra ci sia Juan Jesus ed è vero che poi con il Verona toccherà di nuovo a lui: non è abituato a queste gare in successione, ma lui è una belva, lo conosco bene e so che è difficile trovargli un difetto».
OCCHIO, VI GUARDO
Ma nei sorrisini dispensati in una vigilia che non ammette distrazioni, Spalletti sa come spargere messaggi subliminali per evitare l’umanissimo appiattimento di chi, poggiando la testa sul cuscino, potrebbe cominciare a pensare al Verona. «Adesso tocca a loro: non bisogna preoccuparsi dei minuti non giocati ma di ciò che si è fatto per vincere nel tempo in cui si è stati in campo». Chiaro, chiarissimo.
A. Giordano (Cds)