«Da noi non c’è la crisi di vocazione che c’è nel resto di Italia: il nuovo corso arbitri inizierà a novembre, fino ad adesso abbiamo già una cinquantina di iscritti. Speriamo di arrivare a 100». Fabio Maresca, vomerese, non è solo uno degli arbitri top della nostra serie A ma è da circa un mese il presidente della sezione Aia di Napoli che proprio quest’anno festeggia i 100 anni della sua fondazione. Per un mese sarà a Doha, designato dalla Fifa in rappresentanza dell’Italia per l’Arab Cup, la prova generale del Qatar in vista del Mondiale 2022.
Non è che anche lei sarà costretto, come alcuni suoi colleghi di Piemonte ed Emilia Romagna, a dirigere una gara di II categoria? «Ah, se per questo, non avrei problemi. Quest’anno mi sono divertito un mondo ad arbitrare un preliminare di Conference League in Slovenia davanti a 800 spettatori. Ma per fortuna qui nella nostra sezione la soglia di rischio non è stata ancora toccata, anche se siamo al limite: siamo la sezione arbitrale con il maggior numero di iscritti al corso arbitri e al momento riusciamo a garantire lo svolgimento delle circa 80 partite a settimana che designiamo senza particolari difficoltà. Innegabilmente altrove ci sono problemi di reclutamento».
Il punto di svolta può essere tesserare come arbitri anche i baby-calciatori? «Bisogna fare i complimenti al Presidente Trentalange: insieme a Duccio Baglioni e al Comitato Nazionale del quale fa parte Nicola Cavaccini (ex Presidente della Sezione di Napoli): quella del doppio tesseramento è una strada da seguire: consente ai giovani under 17 di intraprendere la carriera dell’arbitro parallelamente al sogno di diventare calciatore. Anche sotto il profilo della formazione dei giovani atleti è molto interessante».
Perché nessuno vuole fare l’arbitro? Non è che incidono le critiche che ogni domenica vi colpiscono? «Non credo, è sempre stato così. Chi decide di cimentarsi in questa attività non deve viverla come un lavoro ma come una opportunità di crescita personale. Dirigere una partita è un’esperienza formativa unica».
Da presidente della Sezione di Napoli per cosa richiamerà un suo giovane arbitro? «Per l’atteggiamento, il comportamento sbagliato o uno stile di vita fuori luogo che non condivido. Un errore non mi farà mai arrabbiare, non siamo infallibili. È un diritto dell’arbitro poter sbagliare in campo».
Cambia dirigere una partita negli stadi finalmente pieni? «È molto più bello ma capisco la difficoltà dei giovani: un conto è arbitrare in un grande stadio a porte chiuse, un altro è con la spinta di 40.000 o 50.000 spettatori… L’ambiente influisce sui calciatori e può cambiare l’andamento della partita».
I giovani arbitri napoletani cosa dovrebbero prendere da lei? «La grinta, l’ambizione e la capacità di autocritica. Cose che dovrebbero essere alla base di ogni percorso».
Cosa è un arbitro? «Colui che porta la giustizia in campo e in quanto tale deve essere un esempio anche fuori dal campo, si è arbitri sempre e per sempre».
Non è stata una domenica semplice…«Siamo consapevoli che spesso è anche un gioco delle parti, ci dispiace quando vengono messe in dubbio la nostra professionalità e la nostra buona fede. Siamo spietati con noi stessi molto più di quanto non si pensi. Non vogliamo essere protagonisti, un arbitro deve diventarlo solo se chiamato a prendere una decisione difficile o impopolare. Certe polemiche sono strumentali e vanno al di là del singolo episodio. Sospettare che ci sia qualcosa dietro ci fa solo sorridere…».
Gasperini nel suo sfogo, tra l’altro, dice che è il momento che gli arbitri vadano in tv… «Qualcuno di noi ci è già stato, se l’Aia lo riterrà opportuno per noi non ci sono difficoltà a spiegare le nostre decisioni ma soprattutto a farci conoscere meglio».
Vero che siete permalosi? «Perché fin da piccoli siamo abituati a difenderci. Mettersi sulla difensiva può sembrare un atteggiamento permaloso ma non lo è. Spesso in campo è una lotta impari, se vengono in cinque a protestare, non ci può essere dialogo».
P. Taormina (Il Mattino)