Spalletti ha fatto la gara come se avesse i mattoncini della Lego, ha trasformato la serata nella sublimazione d’un ruolo, quello dell’allenatore, che ricostruisce daccapo a partita in corso le strategie per uscire dagli equivoci:
«Abbiamo rischiato perché lo chiedeva la partita, che non riuscivamo a sbloccare. E comunque siamo rimasti ordinati, siamo stati pazienti, abbiamo aspettato che le conclusioni ci dessero ragione. Sono felicissimo, perché migliorare quanto fatto contro il Legia è difficile: abbiamo dimostrato quanto conti per noi l’Europa League».
E quanto Insigne, che lascia il contratto a bordo campo («io sono sereno, ne parlano il mio agente, Pisacane, e la società»), sia entrato nel suo calcio verticale: «Ha trovato la giocata vincete ma si è messo a disposizione nel momento in cui abbiamo cercato qualcosa di diverso. Così come sono stati bravi a sacrificarsi Elmas e Politano. Ho avuto risposte sempre appaganti per un allenatore, sulla disponibilità di chiunque a soffrire. E Osimhen, ad esempio, abituato a galoppare nelle praterie, viene ora incontro per buttarsi dentro».
L’Europa League è lì, resta un obiettivo, non è affogata nelle tenebre di una serata a un certo punto inquietante, con tutte quelle palle-gol che parevano voler disegnare uno scenario dal quale Spalletti è scappato via: «C’è da passare il turno, noi ci puntiamo eccome. Abbiamo giocato da squadra, mostrando di essere un collettivo, un gruppo vero, che va a fare contrasti, a recuperare palloni. E questa è la testimonianza di cosa sia il Napoli».
Fonte: A. Giordano (CdS)