È amara la notte di Lorenzo (Il Mattino vota 4,5). Per la sostituzione dopo meno di un’ora di gioco ma soprattutto per il gol che si è divorato al 35′ e che avrebbe cambiato, forse, il destino della gara. Stavolta non ha detto nulla, però, quando Mancini lo ha richiamato in panchina. È uscito e basta. Mica come a Firenze che si è lasciato andare a quel piccolo sfogo. No, quando a inizio ripresa, Mancini lo ha richiamato in panchina perché nell’Italia in dieci pativa le pene dell’inferno come punta centrale, Insigne ha dato il dieci a Kean che prendeva il suo posto e ha salutato il ct. Lui, il capitano del Napoli, c’era il 10 ottobre del 2018 quando iniziò la striscia-record di 37 gare senza sconfitte. La sconfitta brucia ma meglio perdere la semifinale con la Spagna in Nations League che quella dell’Europeo, se proprio bisogna scegliere. Decisivo, in ogni caso, il rosso a Bonucci. Insigne viene sballottato dalla sua fascia di preferenza e competenza al centro dell’attacco alla mezz’ora, nonostante le previsione della vigilia lo annunciassero falso nove dal principio. Ruolo che a Lorenzo non piace e che nel Napoli ha ricoperto quest’anno contro il Genoa per la squalifica di Osimhen. In ogni caso Mancini può permettersi qualsiasi cosa. Nel senso, che un ct che detiene il record di imbattibilità e che porta l’Italia dall’inferno al paradiso in tre anni, può pure confondere le idee agli altri e un po’ anche a se stesso, fingere di voler piazzare Insigne falso nove fin dall’inizio e Chiesa e Bernardeschi ai lati. In realtà, visto che Lorenzo non fa mai salti di gioia a spostarsi dalla fascia, parte lo juventino attaccante. Per vedere il napoletano lì al centro dell’attacco, bisognerà però attendere quasi la mezz’ora, quando Mancini avrà esaurito gli esperimenti (per un po’ anche Chiesa viene nel mezzo del tridente). Ed è da punta che spreca l’assurdo, calciando altissimo quello che sembrava una palla da spingere verso la porta. Una partita molto complessa: funziona poco l’asse con Emerson tenendo il capitano del Napoli lontano dai principali flussi di gioco. L’alternarsi di Bernardeschi e Chiesa nel ruolo di punta centrale non evolve il gioco di Insigne: senza un riferimento, non ci sono triangolazioni o scambi se non in una ripartenza veloce. Il magic moment che aveva connotato l’Insigne formato Europeo è un ricordo sfumato. Succede. Molto ha inciso, anche, la presenza di Azpilicueta: l’esterno del Chelsea, in asse con l’esordiente Gavi (uno che si fa davvero tanta fatica ad immaginare che abbia solo 17 anni) ha svolto quel lavoro di taglio dei rifornimenti che ha limitato in modo impressionante la capacità di avere palloni giocabili nell’arco dell’intera frazione. Poi quando l’Italia resta in 10, il 4-4-1 lo vede schierato come trottola centrale, senza più alternanza con gli altri due esterni. La ripresa è poca roba. Per lui, come per tutti. La Spagna difende a tre e Insigne viene spento in ogni sua iniziativa. Il cambio è cosa normale. P. Taormina (Il Mattino)