Luciano Spalletti ha 62 anni, Stefano Pioli sette di meno. Il napoletano ha vinto in Russia (due campionati con lo Zenit) e in Italia (due volte la Coppa Italia e una Supercoppa con la Roma), è stato Panchina d’Oro per la stagione 2004-05. Il milanista ha vinto da giocatore (con la Juventus), mai da allenatore. Prima del Milan, Pioli ha allenato solo un’altra grande squadra, l’Inter, mentre Spalletti ci ha provato con la Roma (due volte) e anche lui con l’Inter. A tutt’e due manca lo scudetto e avvertono questa necessità per dare alla loro carriera una dimensione definitiva.
Sarà questo l’anno buono? Le premesse spingono verso l’ottimismo anche se abbiamo iniziato da poco più di un mese. La costruzione delle due squadre denota in modo chiaro il lavoro degli allenatori. Spalletti ha fatto in fretta, dotato com’è di quell’arguzia molto toscana, per di più da uomo di campagna. Ha trovato una squadra fatta, un po’ demoralizzata per aver perso per un punto la Champions, l’ha rigenerata, ritoccata, migliorata e responsabilizzata. Il Napoli è bello e forte, ha ritmo e qualità, ha gioco, ha idee, trasmette luce, ma anche il Milan dà le stesse sensazioni. Il lavoro di Pioli è stato più profondo perché ha avuto più tempo, ha costruito la squadra un pezzetto per volta, senza sbagliare una mossa, migliorando il livello di giovani forti come Leão, Tonali e Brahim Diaz. Quando sta per iniziare una partita del Napoli o del Milan, ti metti davanti alla tv col sorriso sulle labbra, sai cosa stai per vedere, uno spettacolo, come quello del Napoli a Udine e a Marassi contro la Samp, o quello del Milan domenica sera a Bergamo. E buona parte del merito è dei due allenatori. Il mezzo punto di differenza nei voti è legato solo al tempo: Spalletti, per andare in testa al campionato, ne ha impiegato meno di Pioli.
Fonte: CdS