Le parole dell’ex Edy Reja, ora c.t. dell’Albania, ai microfoni de Il Mattino analizza il momento degli azzurri allenati da Spalletti: «Quello che mi piace di più di questo Napoli è la sua efficacia, il suo essere poco prolisso. Mi colpisce il suo essere essenziale, la sua capacità di non trovarsi mai impreparato davanti a situazioni differenti».
Edy Reja è rimasto tifoso del Napoli che ha allenato dal 2005 al 2009, maestro di calcio, ora ct dell’Albania, condottiero della storica cavalcata che dalla serie C riportò gli azzurri in Europa nel giro di 3 anni.
Il salto in alto è merito di Anguissa? «È l’ingranaggio giusto, quello che ha fatto scattare una serie di meccanismi che hanno poi favorito la crescita di tutti gli altri attorno a lui. È un centrocampista fisicamente completo. È uno che corre, recupera, è disponibile. Era quello che mancava».
Dove può arrivare questa squadra che è a punteggio pieno? «È giusto che ci sia entusiasmo, vincere dà sensazioni uniche. Ma bisogna andare cauti, tenere i piedi per terra anche perché a parte la Juventus, che affrontare di questi tempi è una piccola fortuna, il Napoli non ha avuto davanti nessuna delle big. Per esempio, già con la Fiorentina domenica sarà interessante vedere il livello raggiunto dagli azzurri. Il test con Italiano sarà molto importante per capire dove può arrivare il Napoli».
L’ossatura è quella dell’anno scorso. «Ecco, per certi versi è stato un vantaggio enorme per Spalletti perché non ha dovuto integrare uomini che non si conoscevano, non ha dovuto creare una squadra nuova, ha ripreso le conoscenze che questi calciatori avevano sia del 4-3-3 di Sarri che del 4-2-3-1 di Gattuso e ha modellato una squadra che fino ad adesso mi sta entusiasmando».
Dopo sei giornate cosa l’ha colpita di più in serie A? «Le difficoltà che Allegri sta incontrando alla Juventus. Mai lo avrei immaginato così distante dal primo posto. E dieci punti sono tantissimi. Credo che sarà complicato rientrare nei giochi per lo scudetto».
E le altre? «Con l’Inter ho rivisto l’Atalanta di Gasperini che conosco. Sta ritornando ai livelli del passato. L’organico che hanno a disposizione Pioli al Milan e Inzaghi all’Inter sono di primissimo livello».
Contento per la vittoria della Lazio? «Il progetto di Sarri sta muovendo i primi passi. Il derby dà una spinta unica. Ma la Roma ha perso solo per degli episodi sfavorevoli».
Lei sa bene cosa significa gestire l’entusiasmo dei napoletani. «Non puoi fare nulla perché la gente non sia al settimo cielo, ma l’entusiasmo non deve mettere piede nello spogliatoio. Dove, ma mi pare evidente che sia così, ci deve essere la consapevolezza che non è stato fatto proprio nulla, perché i campionati si vincono a maggio e non a settembre. Ma Spalletti è l’uomo giusto: come allenatore e come persona. È un tecnico mentale, vero, capace di allenare le gambe e i cervelli».
Spalletti si è detto un po’ allergico al turnover. «Finché stanno bene non cambio nessuno pure io. Poi questo dà compattezza e intesa e forse anche un senso di appartenenza, il famoso spirito di squadra. E io penso che sia giusto così, anche senza esagerare però. Perché adesso arrivano le coppe, giovedì in Europa League giusto far riposare qualcuno perché non si possono spremere troppo le energie. Si rischia di arrivare spremuti alla fine. Questo l’ho imparato alla Lazio: d’altronde pure io ho sempre amato le formazioni che si imparano a memoria come le cantilene. E fino a quando non ci sono gli impegni infrasettimanali, giusto cambiare il meno possibile. Ma il vero guaio sarà la Coppa d’Africa».
Da ct dell’Albania pensa che i club abbiano ragione? «Troppi impegni, è un calendario intasato di partite. Una cosa che dovevano fare non l’hanno fatta, però: ridurre il numero di squadre in serie A».
Come vede il rapporto tra Spalletti e De Laurentiis? «Andare d’accordo con Aurelio non è complicato, basta essere schietti, leali, sinceri, dire le cose che si devono dire anche con rudezza. Ecco, Luciano ha lo spessore caratteriale per un rapporto duraturo con De Laurentiis che apprezza quelli veri. Tante volte io e lui ci siamo detti delle cose anche pesanti con sincerità ma poi è finita lì. E ci sta pure che un presidente, che è il capo, ti chiami e ti chieda chi gioca e chi no. Tocca all’allenatore motivare le proprie scelte».
De Laurentiis non l’ha mai convinta a far giocare uno piuttosto che un altro? «Mai. Perché l’allenatore è un uomo solo, sempre solo. Se le cose vanno bene, i meriti sono di tutti, sennò le colpe sono di una sola persona. E allora meglio non dare mai retta a nessuno».
Fonte: P.Taormina (Il Mattino)