Meglio far finta di niente: però, mentre va sul dischetto e bacia il pallone, Lorenzo Insigne dimostra che per la testa non passa altro. Diego Armando Maradona è ancora a cinque gol di distanza, e il ricordo del rigore sbagliato con il Venezia, il primo non il secondo, dev’essere vivo: ma è impossibile non pensare a quei giorni dall’infanzia, ai dribbling sull’asfalto, alle cartelle usate come pali – quindi niente tiro a giro – e ai sogni. Forse ce n’erano tanti, ma l’idea di avvicinare Maradona non deve mai averlo posseduto. E ora che sta lì, manca veramente niente, i pensieri spettinati si accavallano ma vengono accantonati. «Io volevo festeggiare le 400 presenze, raggiunte tre gare fa, e sono felice di esserci riuscito. I cori dello stadio per me sono stati un’emozione forte, però lasciamo perdere i riferimenti alla maglia numero 10: quella non si tocca, appartiene ad una leggenda ed anche ad un idolo». Centoundici gol sono comunque lì e vanno vissuti in quell’allegria moderata che s’avverte stando in cima alla classifica, dando un’occhiata distratta alle distanze dagli inseguitori e dalle altre sette sorelle investite da Spalletti delle stesse responsabilità che Insigne avverte con i propri compagni: «Bisogna semplicemente lavorare e stare tranquilli. A Spalletti dobbiamo tanto, ci sta tirando su, ci ha aiutato a dimenticare il pareggio con il Verona che ci costò la Champions e poi ci chiede di divertire, di esprimere il suo gioco. La strada è ancora lunga ed in salita. Siamo contenti di essere lassù, ma bisogna aver pazienza».
Fonte: A. Giordano (CdS)