Senza giacca era il suo segnale di battaglia. Mazzarri la toglieva quando era arrivato per gli azzurri il momento di scatenare l’inferno, a prescindere dalle condizioni meteo. «Le mie squadre lottano sempre fino al 97’», dice sempre e a Napoli – dal 2009 al 2013 – nacque la zona Mazzarri con rimonte clamorose. Venne alla corte di De Laurentiis per sostituire Donadoni, il debutto contro il Bologna a Fuorigrotta e la prima di una lunga serie di rimonte, da 0-1 a 2-1. La qualificazione in Europa League, poi la Champions, con l’esordio sul campo del City di Mancini e la sfida negli ottavi contro il Chelsea, persa ai supplementari. I Bleus avrebbero vinto il trofeo mentre Mazzarri veniva lanciato in aria dai suoi ragazzi a Roma dopo la conquista della Coppa Italia ai danni dell’imbattibile Juve di Conte. «Quegli anni sono stati memorabili», ha ricordato Mazzarri prima di mettersi in viaggio con il Cagliari. Il rapporto con il presidente è stato tra alti e bassi. «L’accoglienza? Non mi aspetto niente. Sono concentrato sulla mia squadra, come sempre, a Napoli lo sanno. Il Napoli è una macchina da guerra, sembra non faccia fatica quando gioca: noi tenteremo di mettergli i bastoni tra le ruote».
Il Mattino