Prima che gli fischiassero le orecchie, perché non c’è vicolo in cui non s’avverta l’eco distinto di una ammirazione collettiva, Luciano Spalletti ha preso il «suo» Napoli e l’ha sistemato al centro del villaggio, lasciando che gli sguardi si posassero su chiunque altro, tranne che su di lui. C’è una squadra che ha restituito il sorriso ad una città, le ha spazzolato via quei retro-pensieri velenosi di maggio scorso, l’ha indotta a guardare avanti, persino oltre le cinque vittorie consecutive, sapendo che c’è un domani: e sfilando garbatamente al lato di quel coro d’«adorazione», però restando dentro al sogno, mentre il Cagliari s’avvicina, Spalletti ha dolcemente espresso la propria «venerazione» per quel Napoli che si fa amare. Si chiamano colpi di fulmine, questi.
Spalletti, quanto si sta divertendo in questo momento? «È bello essere il Napoli. Stiamo benissimo, ci sentiamo avvolti dall’affetto della gente ma abbiamo la consapevolezza che ci sono momenti diversi nel corso di una stagione: a volte fai tanti punti, altre volte nei fai di meno».
Ha giocato subito a carte scoperte, comunque. «Non vogliamo nasconderci. Le candidate allo scudetto sono tante, c’è un condominio di sette squadre e ognuno con i propri millesimali».
E di questi millesimali chi ne ha di più? «Sono divisi in parti eguali, a meno che non si voglia dare più pressione a una squadra rispetto a un’altra. Noi abbiamo mantenuto il profilo complessivo della stessa formazione rispetto allo scorso anno, pur con le partenze di Hysaj, Maksimovic e Bakayoko, ma ci sono club che hanno cambiato tanto e hanno reinvestito».
È stata subito una squadra sua. «Sono stato accostati a colleghi prestigiosi che mi hanno preceduto e ciò è un onore vedere. Ho ereditato un calcio che è appartenuto, negli anni, a Benitez e a Sarri, ad Ancelotti e a Gattuso, e c’è nel Napoli un segnale di continuità. Ma oltre all’organizzazione, va considerata la qualità di questi calciatori a cui chiedere è facile ed ai quali devo fare i complimenti».
Stasera le tocca un derby toscano con Mazzarri. «Ci conosciamo bene, abitiamo a un chilometro di distanza, le nostre case sono divise da un ponte, abbiamo confidenza. Mi aspetto un Cagliari organizzato, come lo era il suo Napoli, come lo è stato con la Lazio al debutto».
C’è qualcosa da correggere in questa sinfonia che s’avverte nell’ambiente? «Assolutamente nulla. Il tifoso del Napoli è alimentato da sentimenti che allietano, non infastidiscono».
Recupera un po’ di giocatori, per stasera. «Mertens e Demme saranno a disposizione, Ghoulam si avvia ad esserlo e Lobotka avrà bisogno di un po’ di tempo, diciamo che fino alla sosta non lo avremo. Dries ha spinto per esserci e con il dottor Canonico abbiamo contattato il professore che l’ha operato, che ci ha dato totale disponibilità».
Dieci goleador diversi cosa significano? «È il merito di un gruppo che concorre per dare il proprio contributo. E semplice essere il loro allenatore. Abbiamo un capitano come Insigne che dimostra il suo ruolo quotidianamente; abbiamo un comandante come Koulibaly che rimette sempre tutto a posto con la sua presenza; abbiamo una società all’altezza, che ha fatto rientrare Ospina in tempo per la Juventus e ha lavorato quando c’è stato il rischio di non avere alcuni calciatori a Leicester».
Fonte: A. Giordano (CdS)