Amarcord – Rubrica di Stefano Iaconis: “Il genio in testa”

Una cosa così non si era mai vista prima. Molte cose non si erano mai viste prima. E molte, di quelle molte cose, non sarebbero più state viste da queste parti. Erano tornati al San Paolo, quelli in rossonero. Il Milan di Arrigo Sacchi. Tornati dopo la vittoria di qualche mese indietro, quella del primo maggio, una vittoria che aveva strappato dalle maglie azzurre uno scudetto già cucito. Ed assieme a quel piccolo tricolore, aveva strappato via anche ottantamila cuori, più il cuore della città che aveva cessato di battere per una intera estate. Erano tornati con la spocchia di chi si sapeva trionfatore. La pelata di Sacchi che scintillava nel sole, ed i suoi occhiali neri che gli davano l’aria di uno stregone, ben saldi a coprire il ghigno mefistofelico da nuovo vate del calcio. Il trio olandese si era crogiolato nelle paure di quel popolo che al solo ricordo di quel giorno di maggio, un giorno nel quale sfolgorava lo stesso sole…Van Basten, le movenze da cigno nero, pareva poter soffiare al cielo di Fuorigrotta il suo verso dentro una giocata impossibile. Virdis ed il suo baffo si aggiravano per l’area partenopea, come quel giorno. Ogni cosa simile, ogni cosa, eguale. Ogni cosa diversa. Volgeva alla fine il primo tempo. Un primo tempo fuggito via nell’attesa che accadesse qualcosa. Ed accadde. E dopo non si sarebbe più vista una cosa cosi. La palla ce l’aveva Careca, ad un certo punto della partita. Era circondato da un nugolo di milanisti. Così la passò indietro, a Crippa. Crippa era un medianaccio, dalla forza prorompente, il ciuffo a punta ed il piede affatto sinfonico. Lanciò la palla in avanti, perpendicolarmente. E quelli in rossonero, come ogni volta, scattarono all’ uniscono in avanti. Con l’ orologio del fuorigioco in testa. La palla saltellò nel mezzo di una terra di nessuno. E si vide Diego scattare. La sua inconfondibile figura correre in avanti, mentre quelli in rossonero correvano incontro a lui. Raggiunse la sfera solitario ed irraggiungibile, e tutti pensarono che avrebbe aggirato Galli, per andarsene in porta. Gli occhi corsero a Baresi e Maldini che rinculavano, per controllare la distanza, la possibilità di un recupero trafelato. Ma accadde l’impensabile, perché il genio esplose, accecante, sollevando altissimo, le braccia incrociate, salendo su su fino a sedersi sul San Paolo. Da allora non si vide più una cosa così. Maradona lasciò rimbalzare la palla e poi, non appena il portiere milanista gli fu incontro, A trenta metri dalla porta, la colpì di testa. Imprimendole una potenza impossibile da immaginare, da quella distanza. Si vide Galli agitarsi in aria come una marionetta i cui fili siano stati tagliati, la sfera scavalcarlo, fare uno, due, tre rimbalzi, e finire in porta. Lo stadio venne giù. Fu memorabile. Fu incredibile. Fu geniale. Fu un gol indimenticabile. Come poi non se ne videro più. Mai più.

Stefano Iaconis

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