«Ora Max deve semplicemente ricordare alle sue torri che ci si muove in orizzontale e in verticale, ai suoi alfieri che ci si muove in obliquo e ai suoi cavalli che nel tragitto che percorrono devono sempre formare una L. In questo Luciano è avvantaggiato perché i pezzi del suo scacchiere si muovevano alla stessa maniera con Gattuso». Napoli-Juventus è per un vero maestro di calcio come Giovanni Galeone «una partita tra due allenatori simili, bravi nella lettura della partita e che puntano sulle qualità individuali e non su quella del gioco».
Galeone, come ha preso Allegri l’addio di Ronaldo? «Sa bene di non avere più un attaccante che in 30 partite gli segnava 25 gol. Ma sa pure che se deve costruire una nuova Juventus nel prossimo triennio non poteva certo mettere al centro del progetto Cristiano. E in ogni caso, lui non ha potuto far altro che prendere atto di quello che stava succedendo».
Un po’ come Spalletti con Insigne? «Ma certo, in fondo che peso può avere per Luciano il fatto che il suo capitano non ha rinnovato? È una questione tra Insigne e De Laurentiis, sono fatti loro, non avrà mai un peso questa situazione sulle sue scelte»
Ad Allegri, cosa è rimasto della vecchia Juventus di Allegri? «Un bel po’ di giocatori in confusione e che devono sistemare le loro idee. Lui tornando lì si è preso una bella rivincita ma parte del suo gruppo vincente abituatosi a un certo tipo di lavoro negli ultimi due anni, ora sta facendo i conti con il vecchio dna. Mica è una cosa semplice, mica è una trasfusione immediata. In quella scacchiera che è il campo, non è facile tornare subito a fare le cose che si sanno fare meglio».
Una critica a Sarri e Pirlo? «No, solo che i vari Dybala, Bonucci, Chiellini e così via dicendo hanno fatto cose diverse. Spalletti invece va in continuità con il modello tattico ma anche con i metodi di lavoro di Gattuso. Anche se dal mercato mi aspettavo qualche rinforzo in più per questo Napoli che deve riscattarsi dopo la delusione del mancato arrivo in Champions. Ecco, per esempio, questo è un motivo per cui non tralascerei l’Europa League. Cosa che sicuramente Spalletti non farà».
Le riserve hanno preso una lezione dal Benevento, però. «Prendere cinque palline, anche con i titolari assenti, è segnale inquietante. Perché chi verrà a giocare contro di te, prende atto che là dietro qualche meccanismo non funziona. E prende coraggio. Un po’ come è successo alla Juventus a Udine: se ti fai rimontare due gol, tu che sei passata alla storia per essere la regina assoluta nel conservare l’1-0 senza mai prendere una sbandata, che messaggio dai agli altri avversari? Che ci puoi provare fino alla fine, che ci sono delle crepe. Ecco, Spalletti sa bene che è così».
Che Napoli è? «Io ho negli occhi il Napoli dei professori Albiol, Hamsik, Jorginho, Reina, Higuain. Giocatori che non sono mai stati sostituiti davvero, forse solo Osimhen ha i numeri del campione anche se deve ancora dimostrare un po’ di cose. Ma è un po’ tutta la serie A che ha avuto una flessione, mai visto un divario come quest’anno tra le sette sorelle e le altre».
In questo contesto, cosa fa la differenza? «Ma è chiaro: l’organizzazione, l’esperienza. Tutte doti che hanno Max ma che ha anche Luciano che ad Allegri si avvicina parecchio nella lettura delle partite. Ma sono simili anche in altre cose: loro ascoltano tutti, non buttano via niente, conservano quello che serve, cercano la bellezza nella qualità individuale. Da qui arrivano i risultati».
Come finisce sabato sera? «La gara sarà troppo condizionata da questi stranieri che arrivano da fuori all’ultimo secondo. Mi immagino un match stanco, poco brillante. Spero di sbagliare. Il risultato? Credo che sarà un pari, altrimenti per la Juventus saranno dolori».
P. Taormina. (Il Mattino)