Ci sono parole che vanno di moda, segnano un tempo e nascondono (spesso) un equivoco: la plusvalenza, in realtà, è danaro che non c’è, lo vedi a bilancio ma non lo senti nelle tasche. Stanislav Lobotka è costato una cifra, venti milioni e altri quattro di bonus rimasti irrealizzati, e ad un certo punto è diventato un corpo estranea. Nel suo biennio, o nei suoi diciotto mesi, ci sarebbero trentanove presenze, che in realtà sono (appena) 1345 minuti: nella stagione scorsa, ha messo assieme 139′ in campionato, adesso sta già a 180′. Era diventato un «soggetto misterioso», dimenticato e socialmente deriso per le sue rotondità, sparite magicamente in ritiro e sulle quali Lobotka ha ironizzato causticamente: «Manco se avessi perduto dieci chili sarei riuscito a giocare con Gattuso. Spalletti si è immediatamente interessato a me, a differenza del vecchio allenatore, e fortunatamente per me ora c’è un tecnico che mi dà fiducia». Pure questa può essere una plusvalenza. Anzi, due. Fonte: CdS