E due anni dopo, nella sua prima in quello stadio che emoziona», c’è di tutto: un rosso subito, un infortunio che pesa (eccome), un rigore buttato via, tra le nuvole, e tutti quei fantasmi che intorno alla panchina di Spalletti ondeggiavano. «Ma poi Insigne ha dimostrato quali siano le sue qualità: si prendeva il pallone, le responsabilità, è andato sul dischetto, ha sbagliato, ma ci è andato un’altra volta ancora». In un’ora e mezza che ai deboli di cuore sarebbero anche sconsigliati, Luciano Spalletti si è accorto d’essersi perduto quel calcio da pathos che avvicina la gente allo stadio e trasforma una partita in un bellissimo giallo da gustarsi sino all’ultimo palleggio. «Le partite sono enormi contenitori che vanno riempiti: nel primo tempo eravamo troppi lenti, siamo stati costretti a spingere con i terzini, eravamo troppo distanti dalla linea degli attaccanti del Venezia, bisognava puntarli di più. E poi nella ripresa c’è stato un giro palla migliore». E la notte gli ha restituito quel sorriso che rischiava di perdersi, tra le pieghe di una gara divenuta scivolosa dopo il rosso a Osimhen e trasformata in felicità da uno scugnizzo che l’ha conquistato subito: «Insigne col secondo rigore ha dimostrato il suo valore. Nei momenti di difficoltà bisogna prendere la palla e far vedere come si risolvono le situazioni intricate e l’ha fatto. Insigne dà la possibilità di crescere a chi gli sta vicino. È un calciatore che se l’è guadagnata sulla pelle la fascia di una squadra come il Napoli. Non ho mai avuto dubbi su di lui. Nella sua carriera ha fatto vedere il suo marchio e il suo comportamento».
GRAZIE NAPOLI.
Quando la retorica sembra s’impossessi del calcio, uno stadio diventa il dodicesimo in campo: ma il «Maradona», al di là dell’enfasi, ha capito, sofferto e poi, all’invocazione di Insigne, ha risposto. «Siamo stati anche fortunati, chiaro. E da questa sfida ci prenderemo argomenti di riflessione che finiranno per aiutarci. Ma Lorenzo ha fatto bene a richiamare il sostegno del pubblico, i tifosi sono davvero in grado di darci una mano. In inferiorità numerica sono scesi in campo e tutto è diventato più facile».
NON MI LAMENTO.
Quando è finita, e davvero, non ci sono alibi a cui aggrapparsi: non il trauma contusivo alla coscia destra di Zielinski, non il rosso a Osimhen, non il rigore al vento. «Non ci si può lamentare di niente, non ci manca niente. Se si inizia a dire che manca questo o quello diventi, sei destinato a fare il portaborse: e noi non lo vogliamo fare. Vogliamo mostrare le nostre qualità. La cazzimma so cos’è e un po’ dobbiamo averne». Oppure rientrare nello spogliatoio o semmai guardare in panchina, seguendo il consiglio che deve avere ispirato Koulibaly, già sedotto da Spalletti: «Che arrivando qua non ha cambiato ancora granché, ha continuato nel solco dell’anno precedente, si è preso quanto di buono fatto e però ci ha aperto gli occhi e ci ha portato la sua magia». Napoli 2, Venezia 0, e quel che resta, adesso, è la sensazione di aver capito tanto, di aver sopportato gli sgambetti del destino e di aver annotato, sul taccuino di Spalletti, ciò che servirà a chiunque, Osimhen compreso: «Sono andato a parlare con l’arbitro che è stato corretto: mi ha spiegato quello che ha visto e perché è intervenuto in quel modo. Io non entro nel merito, ma Osimhen deve stare attento alle sue reazioni, anche perché a lui le mani addosso le metteranno sempre».
Fonte: CdS