«È il campionato degli allenatori, dei big che siedono in panchina, dei maestri di calcio e di quelli che mettono le idee davanti a ogni cosa. Ci sarà molto da divertirsi». Fabio Cannavaro, campione del mondo nel 2006, l’ultimo pallone d’oro italiano, il tecnico di uno dei club più ricchi d’Asia, il Guangzhou Evergrande, fa le carte al campionato che prende il via in questo weekend.
Cannavaro, a bruciapelo: il Napoli?
«Ha tutto per finire tra le prime quattro, per poter lottare anche per qualcosa di più importante. L’organico è rimasto quello di un anno fa e Rino (Gattuso, ndr) senza tutti gli accidenti avrebbe potuto conquistare l’accesso alla Champions. Quel lavoro ora è nella mani di uno degli allenatori che più ammiro, per personalità, filosofia, concetto di gioco offensivo e, soprattutto, per esperienza. Spalletti è la scelta migliore per questo Napoli».
Dovrà gestire la vicenda Insigne. Un po’ come fece con Totti?
«Mi fa ridere che uno bravo come Spalletti venga sempre associato agli scontri con Francesco. Perché è uno che dove è andato ha fatto sempre molto bene, anche in termini di gestione degli spogliatoi. Io spero, ma per il bene di Lorenzo, che venga fatta chiarezza su questa situazione precaria il prima possibile. Perché non è mai semplice pensare di avere solo un anno di contratto. E il rischio è che non possa giocare sereno: e lui è uno che quando non ha pensieri in testa diventa travolgente. Come è successo all’Europeo. Ecco, spero che venga messo nelle condizione mentali per poter dare il massimo. Qualsiasi sia la soluzione che troverà con De Laurentiis. E soprattutto il prima possibile».
A lei è mai capitato di giocare con un solo anno di contratto?
«Ero alla fine della carriera, a Madrid, e non mi pesò per nulla. Ma per certi versi è persino meglio giocare sapendo che a fine stagione vai scadenza. Perché i vantaggi anche economici possono essere consistenti».
Del Napoli su chi c’è da scommettere?
«Osimhen spero abbia pagato il suo prezzo con la fortuna e trovi continuità nel rendimento e nelle prestazioni. Quando ha iniziato a girare, il Napoli ha preso a volare. E Spalletti è l’ideale per esaltare le sue doti».
Spalletti e gli altri: come si approccia un nuovo spogliatoio?
«Non c’è una regola fissa. Uno quando arriva vuole imporre le sue idee, la sua filosofia, le sue regole. C’è chi lo fa lentamente e chi le fa velocemente. Ma tutti vogliono arrivare allo stesso punto».
Più affascinato da Sarri alla Lazio o da Mourinho alla Roma?
«Curioso di vedere come l’esperienza e la maturità di Maurizio possano avere impatto sulla Lazio. Perché non credo Sarri ha fretta, esperienza rispetto a prima, sa come accorciare i tempi per far capire quello che vuole. Mentre Mou è un mito per tutti: è reduce da un bel po’ di esperienza negative, ma alla fine stiamo parlando di uno dei più bravi allenatori».
Manca solo lei tra gli allenatori della serie A?
«Questa estate qualche tentazione c’è stata per lasciare la Cina, ma lì ho ancora un anno di contratto. Poi vedremo quello che succede».
Allegri ama ripetere che quel che conta è vincere e basta.
«E che dire? Tutti vorrebbero riuscirci giocando bene, ogni momento della propria giornata lavorativa è fatta di organizzazione di gioco. Poi, però, c’è poco da fare: a giocar bene sono in tanti, alla fine però vince solamente uno…».
Con Ronaldo triste, la Juventus è anche la sua favorita?
«Cristiano è uno che vuole fare gol e basta. Per farlo sorridere bisogna solo dirgli di pensare a quello, senza dargli altri pensieri, compiti tattici: e Allegri sa come farlo divertire».
Dopo il successo di Wembley, come ci vedranno all’estero?
«Con occhio diverso. Capiranno ancor di più i valori importanti che ci sono nella nostra serie A. Anche se poi per capire davvero la distanza che ci separa dagli altri c’è sempre e solo la Champions League».
In Europa il Psg ricorda il suo Real Madrid dei galacticos. Però alla fine quel Real non vinceva sempre?
«Già, anche questo Psg deve stare attento: ha Messi e tutto quel campionario di stelle, ma nel calcio si vince con l’equilibrio, mettendo da parte le rivalità e le tensioni, sotterrando le proprie ambizioni personalità e il voler essere primadonna. E il ruolo chiave sarà di Pochettino».
A chi darebbe il Pallone d’oro?
«Quello che ho visto fare a Donnarumma è stato straordinario ma è già stato un miracolo nel 2006 darlo a un difensore (Cannavaro, ndr), figurarsi darlo a un portiere. Vero che Jorginho ha vinto qualsiasi cosa ma alla fine lo vincerà Messi che pur senza brillare ha pur sempre segnato 50 gol e vinto la Coppa America».
Ha mai assistito a tensioni come quelle tra Gasperini e Papu Gomez?
«A quei livelli raccontati in questi giorni mai. Ma urla e bisticci tante volte. Senza mai arrivare a contatti fisici però…».
P. Taormina (Il Mattino)