Gattuso ai microfoni de Il Mattino: «Spalletti è una garanzia. Continuerà il mio lavoro»

Disoccupato senza volerlo. «Ma anche senza la smania di cercare una sistemazione a qualsiasi costo». Rino Gattuso, 43 anni, risponde al telefono da Marbella. È in vacanza forzata con la moglie Monica. Avrebbe dovuto allenare in Italia, magari in campo da qualche giorno a Moena con la Fiorentina: risoluzione consensuale del contratto, invece, per diversità di vedute con il presidente Rocco Commisso. O in Premier, dopo la chiamata di Fabio Paratici al Tottenham: scaricato, però, sul più bello per la protesta dei tifosi degli Spurs che lo hanno etichettato incredibilmente razzista e sessista. Adesso si ritrova spettatore come altri che fanno il suo mestiere e con lo sguardo rivolto soprattutto alla nostra serie A, campionato di cui prova a scoprire per Il Messaggero novità, ambizioni e segreti.
Il calcio è ripartito. Le squadre sono in ritiro. Gattuso, invece, è al mare. Strano, no?
«Aspetto di ricominciare, anche se non so quando. Intanto studio, mi aggiorno. Vediamo poi quale chance si presenta. Sono pronto, se capiterà, per una nazionale, anche se a me piace di più il lavoro quotidiano».

Lasciato il Napoli, ha detto si alla Fiorentina. Poi che cosa è successo?
«Meglio lasciar stare, se n’è parlato anche troppo. Inutile aggiungere altri particolari. Storia finita. Aperta è invece l’altra. Non riesco a dimenticare».

Il Tottenham che ha rinunciato a prendere Gattuso per quelle accuse senza senso della tifoseria. Come è andata?
«La delusione è stata grande. Mi hanno descritto in modo diverso da quello che sono. E non c’è stato niente da fare. Il mio dispiacere è di non aver avuto la possibilità di difendermi. Di spiegare che quello raccontato dalla gente in Inghilterra non ero io. Ho dovuto accettare una storia che mi ha fatto male più di qualsiasi sconfitta o esonero. Ed è accaduta in un momento in cui nessuno vuole prendere atto della pericolosità del web».

Può spiegare?
«Certe cattiverie vengono da Facebook e Twitter dove è possibile dar forza a qualsiasi falsità. Io non ho alcun profilo. E non li voglio avere. Nemmeno Monica li ha. Perchè mi dovrei fare insultare per qualsiasi cosa? Non ho nemmeno Instagram. Non capisco, se bevo una bottiglia di vino, quale sia il motivo di scattare una foto per farlo sapere ad altri. Sono fatti miei. Lo sanno anche Gabriela e Francesco».

I suoi figli sono sui social?
«Si. Io ho 43 anni e considero da sempre sacra la vita privata. La grande ha 17 anni, non sono certo io impedirgli di essere su Facebook, Twitter o Instagram. Ma Gabriela sa che foto con me non le deve mettere in piazza».

Rischia intanto di perdersi una Serie A intrigante. Che ne pensa?
«Quest’anno sarà proprio un gran bel campionato. Anche difficile. Le big hanno cambiato quasi tutte in panchina. Entrano in scena personaggi di primo piano. Tecnici che hanno vinto».

Si riferisce a Mourinho, Allegri e Sarri?
«Anche a Spalletti e Inzaghi. In A c’è il top. Ci divertiremo. Mi aspetto grande competitività al vertice».

Con tanti cambiamenti è possibile che azzerino in partenza i valori delle candidate allo scudetto?
«Dipende. Il ritorno di Max alla Juve significa molto: l’allenatore giusto per ripartire. Ma vedrete che anche la Lazio e la Roma potranno recitare da grandi. Nella Capitale lo spettacolo è assicurato».

Da come parla, la favorita è di nuovo la Juve, però?
«Il mercato è aperto e ancora non ci fa conoscere le rose. La Juve, a prescindere da chi andrà via e da chi arriverà, resta la più forte proprio per la qualità di gran parte dei suoi giocatori. E il ritorno di Allegri sposta parecchio: ha vinto tanto e non solo lì. E conosce l’ambiente».

E la nuova Inter?
«Cambierà poco, il sistema di gioco sarà lo stesso anche dopo l’addio di Conte. Inzaghi è giovane e preparato. Chiaro che un po’ di pressione ci sarà: normale se vai ad allenare i campioni d’Italia».

Il Milan si ripeterà?
«La conferma di Pioli è un vantaggio. La squadra ha già un’identità precisa. In più si sta rafforzando, con scelte mirate in ogni reparto. Ma la partenza di Donnarumma è pesante».

E il suo Napoli?
«Spalletti lo conoscete. È una garanzia. Continuerà il mio lavoro con il 4-2-3-1. È già avanti, insomma…».

Faccia una previsione: dopo quanto tempo vedremo la Lazio di Sarri?
«Non si può dire. È di sicuro la squadra che sentirà di più il cambiamento. Il nuovo allenatore va a modificare tutto, ripartendo dal 4-3-3. Ma non è detto che bisognerà attendere troppe settimane, anzi».

Da Mourinho invece che cosa si aspetta?
«La Roma già l’anno scorso mi è piaciuta nella fase offensiva. È mancato, però, l’equilibrio che non ha trovato nemmeno passando a tre in difesa. Ecco, il portoghese può sistemarla tatticamente. In più come motivatore è il numero uno. La sua personalità incide, date retta a me».

Nessuno in Serie A si dimentica giustamente dell’Atalanta. Crede che resterà in alto?
«Ormai è una realtà del calcio italiano. Come gioco e nel mercato va sempre al massimo. Gasperini fa risultati straordinari, il club va preso d’empio. Ormai cercano di imitarli anche all’estero».

Che cosa ha provato vedendo l’Italia vincere l’Europeo a 15 anni dal mondiale che conquistò con Lippi a Berlino?
«Più che felice sono stato orgoglioso. Siamo riusciti a prenderci la coppa non con il nostro stile. Nella finale è stata l’Inghilterra a giocare all’italiana. Mancini ha invece preso una direzione diversa. La sua intuizione è stata sorprendente per noi e per gli avversari. Mai visto in azzurro un centrocampo tecnico come quello con Barella, Jorginho, Verratti, Locatelli e gli altri. Mossa rivoluzionaria e vincente».

Gattuso è stato giocatore in Scozia con i Rangers Glasgow nel 1997: si sarebbe mai aspettato i fischi dei tifosi inglesi all’inno, e non solo a quello italiano, e i giocatori di Southgate togliersi subito la medaglia dal collo?
«Penso che ovunque bisogna essere coerenti. Non si può chiedere di inginocchiarsi contro il razzismo prima della partita e subito dopo insultare i tre giovani giocatori che hanno sbagliato i rigori davanti a Donnarumma. Gli inglesi hanno sempre saputo perdere. Stavolta no. Forse erano sicuri di vincere. Nessuno ha mai avuto dubbi sulla loro correttezza, ma hanno scritto una brutta pagina per la loro nazione».

A Cura di Ugo Trani (Il Mattino)

 

 

 

 

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