Uno scudetto p er 7 sorelle
Tra svolte tattiche e nuovi protagonisti, la Serie A si prepara a partire con un’Inter forse più debole, una Juve che si affida alla rabbia di Allegri, un’Atalanta costretta ad assumersi responsabilità da favorita. E un Milan il cui ruolo dipende ancora da Ibra
Per rilanciare Napoli Spalletti deve prima di tutto risolvere il problema Insigne
Sarri porta la Lazio su un terreno sconosciuto, ma l’ambiente è con lui
Roma e Mourinho sulla stessa linea: sono entrambi in cerca di riscatto
C inque settimane più un giorno e si parte. Primo campionato aperto (vedremo come e vedremo quanto) nella post-pandemia, primo campionato da campioni d’Europa e stavolta la Nazionale sarà un punto di paragone interessante e stimolante. Nella stagione scorsa e soprattutto nel finale della stagione, la squadra di Mancini è stata la migliore di tutto il movimento sul piano del gioco. Adesso Allegri e Inzaghi, Mourinho e Sarri, Gasperini, Spalletti e Pioli saranno chiamati a un confronto diretto e non potranno deludere. La Nazionale ci ha abituato al caviale, se il campionato ci riporta in tavola la lattuga la gente se ne accorgerà in fretta. E non sarà un piacere.
C’è un altro aspetto nuovo e interessante e riguarda i ritiri. Un’occhiata al tabellone delle amichevoli farà capire che, a differenza del passato, quasi tutte le grandi squadre rinunceranno a dispendiose (sul piano delle energie) tournée americane o orientali. I tanti, nuovi allenatori hanno bisogno di tempo, di prove, di esperimenti: meglio una preparazione graduale, come si faceva un tempo, che la corsa all’ingaggio a tutti i costi.
Cinque settimane e si riparte dallo scudetto dell’Inter, ma con un’Inter più debole, con una Juve più agguerrita, con una Roma che ha trovato il suo capopopolo, con una Lazio che si rivoluziona, con un Napoli che ci riprova con la Champions, con un Milan che ricerca la sua versione migliore e con un’Atalanta che prosegue sulla sua strada e per questo fa più paura. Cerchiamo di capire a 36 giorni dall’inizio (e a 46 dalla fine del mercato) virtù e difetti delle sette candidate allo scudetto.
INTER PIU’ DEBOLE. La cessione di Hakimi è pesante da un punto di vista tecnico. Era l’esterno che garantiva alla squadra una forza mostruosa sulla destra. E’ stato il migliore in quel ruolo nella stagione scorsa. In più ci sono tre incognite. La prima: la squadra campione d’Italia è stata affidata a un ottimo allenatore che però non ha mai toccato quei livelli, riuscirà Inzaghi a non far rimpiangere Conte? La seconda: l’operazione Calhanoglu è giusta, però il turco non aumenta la qualità della squadra, più semplicemente prende il posto di Eriksen e il Calhanoglu visto all’Europeo non sembra all’altezza del danese. La terza: si parla di un’altra cessione di un big, se va via uno fra Barella e Lautaro chi garantisce per l’Inter candidata al bis dello scudetto?
MILAN, CONTA LA SOCIETA’. La linea del club prevale su quella della squadra, per cui se Donnarumma chiede troppo può andare e lo stesso può fare Calhanoglu. L’arrivo di Giroud, anche se non è più un ragazzino, è comunque un punto a favore di Pioli. Molto ruota intorno al ruolo di Ibrahimovic che per ora sembra calcisticamente immortale. Se Zlatan darà alla squadra lo stesso contributo di un anno fa, anche il Milan rientrerà in corsa per lo scudetto, come è accaduto solo nella prima parte del campionato scorso.
ATALANTA MINACCIOSA. Se il campionato iniziasse domani, la nostra favorita sarebbe proprio l’Atalanta. Pronostico rischioso, ma dovuto a una considerazione semplice: come il Milan ha cambiato il portiere, ma per il resto ripartirà dalla sua strada ben asfaltata. La conoscenza che l’Atalanta ha di se stessa è senza paragoni nel campionato italiano. Non solo: dall’Europeo ha attinto altre energie, quelle di Pessina, di Maehle, perfino di Miranchuk, uno dei pochi russi a non aver deluso. E ancora: un paio di grandi nazionali, come la Germania e l’Inghilterra, hanno cercato di imitare il modello tattico dell’Atalanta. Insomma, una grande estate per Gasperini.
JUVENTUS DA RILANCIARE. Allegri poteva andare al Real Madrid e invece ha scelto di tornare alla Juventus. Nella speranza (sua e della Juve) che non rimpianga la decisione, questo ritorno significa che la rabbia e la voglia di rivincita del livornese sono resistenti al tempo. Due anni senza Juve, due anni di riposo, poi di nuovo in sella, ma con un dolce problema ancora da risolvere, quello di Ronaldo. La sua partenza cambierebbe letteralmente la squadra; la sua conferma riaprirebbe la questione-Dybala. Considerazione non proprio marginale: quando Allegri lasciò la Juve, a centrocampo aveva Pjanic, Bentancur (quello vero…), Matuidi, oltre a Emre Can e Khedira (anche se il tedesco era spesso fuori), se paragoniamo il reparto di allora a quello di oggi la differenza è notevole. E’ lì, in mezzo al campo, che Max ha bisogno di migliorare. Ovviamente inserire Locatelli sarebbe già un bel passo avanti.
NAPOLI DA CHAMPIONS. L’obiettivo di Spalletti è quello di riprendere il punto perso da Gattuso all’ultima giornata. Riconquistare la Champions sarà la vittoria del tecnico di Certaldo che porta sul Golfo la sua forza, la sua fiducia, la sua autostima. Ma prima di immaginare quale cammino possa intraprendere il Napoli, bisogna capire cosa accadrà con Insigne. Viene difficile immaginare il capitano lontano dalla sua squadra e dalla sua città, ma se davvero finirà così Spalletti avrà bisogno di un esterno dello stesso spessore.
LAZIO COL SARRISMO. Rispetto alla scorsa stagione, la Lazio farà un salto triplo, se avanti o indietro lo capiremo strada facendo. Tuttavia, a sensazione il salto sarà in avanti, ma ci vorrà pazienza, tanta pazienza. Sarri porterà la squadra in un territorio quasi del tutto sconosciuto ai giocatori. Alla Juve, nonostante lo scudetto, la crisi di rigetto è costata il licenziamento al tecnico di Figline. Adesso però è tutto diverso, l’ambiente (interno ed esterno) è con Sarri in attesa di ammirare la Lazio sarrista.
ROMA COL RISCATTO MOU. Per certi versi, le due squadre della capitale si possono accomunare. Non per i concetti tattici dei rispettivi allenatori, che sono profondamente diversi, ma perché anche la Roma, come la Lazio, dovrà abituarsi a una guida forte, decisa, autorevole. Mourinho è il garante del riscatto giallorosso, anche perché lui stesso punta deciso al proprio riscatto.
A cura di Alberto Polverosi (CdS)