Non conta solo il modo, ma quando. Qui e ora, come dicono mental coach e motivatori, abituati a entrare nella testa dei campioni. Ecco la differenza che rende eterno un istante e divide l’estasi dal tormento, il fuoriclasse dall’incompiuto. Lorenzo Insigne, quel gol, lo ha sempre cercato, voluto e realizzato. È diventato un brand del suo stile di gioco. “O tiraggir”, il tiro a giro con lo slang coniato e storpiato da Florenzi, così è stato ribattezzato nel ritiro di Coverciano. All’Allianz Arena, però, lo ha incorniciato dentro un quadro d’autore. Cartolina dipinta d’azzurro. Il sigillo del numero 10 oppure del Diez, ripensando al Napoli e all’idolo Maradona. Un po’ come la punizione a due di Diego Armando all’interno dell’area di rigore per scavalcare la barriera della Juve e battere Tacconi, facendo crollare il vecchio San Paolo di emozioni nell’anno dello scudetto. Le debite proporzioni vanno concesse, ma siamo arrivati ai confini della gloria. Pesa tantissimo l’arcobaleno di Insigne. Vale una semifinale all’Europeo. Si tornerà a Wembley. «Questo è stato il gol più importante della mia carriera, divido i meriti con la squadra. Tielemans era ammonito, l’ho puntato e saltato. Ho visto lo spazio e ho tirato» ha raccontato Lorenzo nella pancia dell’Allianz, lo stadio modello astronave, ritirando il premio di star della partita. Il colpo del k.o. per sdraiare il Belgio e prendersi la semifinale con la Spagna, rendendo vano il tentativo di rimonta dei Diavoli Rossi.
Fonte: F. Patania (CdS)