C’era già capitato Eric Lombardi, a Treviglio, due anni fa. Lo chiamarono negher. «Ci fu un po’ di maretta, dopo la partita però il club mi chiese scusa per quei pochi stupidi. E per me è finita lì», spiegò lo stesso giocatore di genitori nigeriani adottato da una famiglia biellese a 4 anni. Venerdì sera a Udine, però, è successo di nuovo. Mentre era in lunetta per due tiri liberi, ha sentito offese razziali a lui rivolte. A fine partita lo ha raccontato agli arbitri e ieri è arrivato il provvedimento: squalifica del PalaCarnera per una gara perché, come si legge nella nota della Fip, «i supporters friulani hanno proferito offese collettive e frequenti nei confronti degli arbitri e manifestazioni ispirate ad odio e discriminazione razziale nei confronti di un tesserato avversario ben individuato», ovvero Eric Lombardi. In ogni caso Udine giocherà regolarmente gara 4 di oggi al Carnera alle 18,30 perché ha deciso di commutare in ammenda la squalifica del campo.
SILENZIO DEL CLUB
In tempi di Black Lives Matter e di inginocchiamenti fatti o mancati agli Europei di calcio, la notizia assume un peso differente. Il Napoli Basket preferisce non commentare la cosa, ma è certo che il club partenopeo ha apprezzato la volontà degli arbitri nello stigmatizzare l’episodio. Di sicuro venerdì sera a Udine sono stati ben udibili i soliti cori beceri: “Noi non siamo napoletani e Odio Napoli”. Delle offese razziste si è accorto soprattutto Lombardi, quando è andato a tirare i liberi sotto la curva degli ultras nel terzo e quarto periodo. Eric ha 28 anni e un gran bagaglio di esperienze, sul campo da basket ma soprattutto nella vita. Da bambino ha vissuto l’abbandono e l’adozione, il rifiuto da parte della prima famiglia adottiva e il riaffido a un’altra. L’infanzia come una via crucis da cui è uscito forte, consapevole, maturo, senza perdere quel suo spirito gioviale che tanto lo ha aiutato. Ed Eric ha sempre avuto idee chiare sull’argomento oggi drammaticamente attuale, il razzismo. È solare, aperto, entusiasta, ma le antiche sofferenze ogni tanto sono riemerse. «Non ho paura a ricordare il passato», raccontò un anno fa al Mattino dopo l’annuncio del suo ingaggio. «Quel passato me lo porto dentro descrisse con minuzia di particolari Eric -. Io e mio fratello più piccolo, Harrison, siamo nati a Torino da genitori nigeriani ma subito dopo siamo stati abbandonati. Siamo finiti in due famiglie diverse, ma per me è stata più dura. Perché dopo qualche tempo, i genitori adottivi mi hanno riportato indietro. Ero piccolo, intorno ai 4 anni, ma ho avvertito il dolore e l’amarezza. Sono cose che mi hanno segnato. E che non ho dimenticato. Mi sono posto tante domande da allora ma non ho mai capito perché sia accaduto. Non è dipeso dal mio comportamento ma da altro. Ho pensato a problemi economici. Certo è che ci vuole pelo sullo stomaco per riportare indietro un bambino che ti vede come la sua famiglia. E ammetto che quel trauma mi ha reso più cauto nelle valutazioni. Oggi sono realista e meno sognatore». La sua famiglia biellese, quella di papà Matteo Lombardi, l’ha però circondato d’affetto e lui ha sempre ricambiato con trasporto. «Il razzismo? In America è sempre stato così, non è mai cambiato nulla, l’integrazione è solo apparenza. I neri sono decenni e decenni che subiscono. Per fortuna c’è chi è stufo. Lo slogan Black lives matter lo faccio mio».
FONTE: Il Mattino